NFT, Cryptoarte e Tennis. Oleksandra Oliynykova apre la strada ad un nuovo business per salvare la sua carriera; lo faremo tutti?

Vuoi possedere un pezzo di Oleksandra Oliynykova? Sta andando all’asta come NFT.

Oleksandra Oliynykova, tennista numero 656 del mondo, offre ai fan un’opportunità unica. No, non è un paio di biglietti per il suo prossimo match: è la proprietà a vita di una sezione della spalla destra e del braccio come NFT. Qui il video dell’offerta.

Ma il clan Oliynykova non si ferma qui: se il suo braccio destro rimarrà l’unica parte del corpo offerta con un NFT, l’obiettivo è un utilizzo più completo delle criptovalute. Il progetto Oliynykova prevede una tokenizzazione sempre più ampia, in cui si potrà partecipare alla carriera della giocatrice tramite l’emissione di gettoni che permetteranno una serie di privilegi (sedersi al suo angolo, sceglierne l’abbigliamento, rappresentarla nei media ecc…). “Uno sportivo è perfetto per questo meccanismo, perché la sua carriera è trasparente – dice Denis Oliynyk, suo padre e manager – è facile capire se le cose stanno andando bene. In quel caso, le parti coinvolte possono spartirsi i dividendi”.

Follia? Mica tanto: Chiliz, piattaforma di tokenizzazione sportiva ha stretto accordi con il Milan e il Barcellona, e ha investito 50 milioni di dollari per espandersi negli Stati Uniti. L’idea della Oliynykova non è così stravagante, anche se lei è un personaggio fuori dalle righe: ha già nove tatuaggi, il più visibile un enorme “2006” sul collo che simboleggia l’anno in cui ha iniziato a giocare a tennis. Dovesse tradurre in tatuaggio ogni momento della sua vita, non ci sarebbe più spazio: nel 2011, quando Sashka aveva dieci anni, la famiglia fu costretta a fuggire dall’Ucraina perché presa di mira dalla polizia. Motivo? Il padre aveva un’azienda che produceva gadget su richiesta (tazze, cappellini, magliette). Una volta furono commissionate delle magliette con frasi critiche e satira sul presidente ucraino Victor Yanukovich. Lo intimarono a bloccare le vendite, ma lui rifiutò. Così si ritrovò l’ufficio distrutto dalla polizia, ufficialmente perché aveva violato il copyright per gli Europei di Calcio che si sarebbero tenuti l’anno dopo.

Spuntò persino un mandato d’arresto che convinse Oliynyk a fuggire con tutta la famiglia. Scelsero di scappare in Croazia, laddove hanno ottenuto lo status di rifugiati. Dopo una lunga trafila, soltanto Oleksandra ha acquisito la cittadinanza, mentre il resto della famiglia ora vive in Croazia grazie alla domanda di asilo politico. Avevano aperto un ristorante di sushi, mentre adesso il padre si guadagna da vivere come tassista. Tra una corsa e l’altra, hanno ideato la strategia NFT. Il tempo ci dirà se avrà successo e, soprattutto, se la Oliynykova ha qualche chance di diventare una giocatrice di livello. Per adesso i risultati non sono ancora arrivati: lo scorso anno ha giocato soltanto tra Antalya ed Heraklion, raccogliendo come miglior risultato tre piazzamenti nei quarti. Quest’anno non ha ancora giocato tornei, ma – COVID permettendo – inizierà la sua stagione ad aprile, con alcuni tornei ITF in Portogallo. “Il mio obiettivo è arrivarci già sponsorizzata, e magari con il tatuaggio scelto dal vincitore dell’asta”. Auguri.

“Potrai farci qualsiasi cosa: la realizzazione di un tatuaggio o un body art, oppure lasciarlo vuoto – dice la Oliynykova – ma sarà tuo, per sempre. E potrai rivenderlo a un prezzo molto più alto quando giocherò a Wimbledon o al Roland Garros”. Secondo la croata, si tratta di un’opportunità unica: “Non ho intenzione di offrire altre parti del mio corpo come NFT. Inoltre, per quanto ne so, è il primo NFT offerto direttamente da un’atleta professionista, quindi hai la chance di entrare nella storia dello sport. Il mio sogno è che questo processo sia guidato dagli atleti, non dalle società sportive – dice la Oliynykova –Io e mio papà Denis, che è anche il mio manager, ci auguriamo che collezionisti, investitori e marchi vedano l’opportunità di fare la storia, e che altri seguano il mio esempio”.

“Non sono consentiti estremismi di alcun tipo. E poi, essendo un’atleta professionista, non deve contenere nulla legato alle scommesse o al gioco d’azzardo”.

Proprio come altri token non fungibili, il miglior offerente potrebbe anche scegliere di rivenderlo come ” pezzo da collezione” supportato dalla blockchain. E dato che Oliynykova ha solo 20 anni, questo immobile virtuale potrebbe essere un asset apprezzabile.

“Il mondo degli sport individuali è difficile. Senza supporto, i giovani giocatori devono lottare per trovare i fondi per viaggiare nei tornei principali”, ha detto Oliynyk.

Certamente i tennisti che navigano nelle retrovie delle classifiche mondiali stanno cercando metodi alternativi per trovare i soldi come abbiamo visto per Stollar e Gracheva in un precedente articolo.

Ma cosa sono esattamente i NFT?

Come si può dimostrare di possedere la copia originale di un’opera digitale, che sia un’immagine, un video oppure un tweet? La risposta a questa domanda, per ora, sono i Non Fungible Token (NFT), termine che in questi giorni è di grandissima moda. Di cosa si tratta? Gli NFT possono essere definiti come un certificato digitale che attesta la proprietà di un dato bene o servizio attraverso l’utilizzo della tecnologia blockchain. Vengono definiti “non fungibili” poiché sono dei “gettoni” unici e non interscambiabili tra di loro, come può invece accadere per le banconote, per esempio, o appunto le criptomonete come i Bitcoin o Ether: non c’è distinzione tra un bitcoin e l’altro, così come tra una moneta da un euro e un’altra se non chi la possiede. Un quadro originale non è fungibile: un utente può scattare una foto di un ritratto, ma ciò non significa che ne ha l’originale; è una riproduzione, al massimo, che non ha il valore dell’opera originale. Tante persone hanno in casa riproduzioni di opere famose.

Lo stesso accade nel mondo digitale, ma in maniera molto più diffusa e confusa: come dimostrare tra due immagini JPEG qual è quella originale? Sono identiche: la certificazione tramite blockchain è una possibile soluzione. La definizione di NFT come certificato di proprietà non è univocamente accettata e non spiega perfettamente cos’è un NFT: secondo altri, è più facile pensare agli NFT come ad un bene autografato dal suo autore. Infatti, l’autore di un NFT può continuare a guadagnare da tale contenuto anche se è stato venduto. Tecnicamente un NFT è un blocco di dati registrato sulla blockchain, un file crittografato contenente dei metadati che permettono di identificare il proprietario e che descrivono il “bene” legato all’NFT. Fino ad una certa dimensione, i metadati possono contenere il file digitale stesso, che in questo caso può essere salvato sulla blockchain, ma possono essere anche salvati su un server esterno.  La blockchain permette di monitorare eventuali futuri acquisti legati ad uno specifico NFT, tracciando i passaggi di proprietà e quindi di retribuire il suo autore originale anche in futuro. Gli NFT più diffusi vengono pagati in Ether, la criptovaluta basata sulla blockchain di Ethereum.

Criptogattini, canzoni e tweet: tutto può essere messo in vendita.

Tutto può diventare un NFT? Di fatto, sì, esattamente come chiunque può dipingere un quadro e provare a venderlo; o realizzare un brano musicale o un videogioco e metterlo in vendita: sarà il “mercato” – inteso come la disponibilità di qualcuno ad acquistare qualcosa che qualcun altro ha voluto mettere in vendita – a decidere se tale opera avrà un valore o no. Allo stesso modo, chiunque può generare un NFT e provare a venderlo. Il limite è che l’autore del NFT deve poter dimostrare la proprietà del contenuto: non si può creare un NFT di qualsiasi cosa che non può essere posseduta, per esempio.

Online è possibile acquistare NFT di vario genere: criptogattini, criptopunk, ritratti di nudo generati dall’Intelligenza Artificiale, figurine digitali dei calciatori e animaletti virtuali con cui sfidare altri giocatori. In alcuni casi si parla di collezionismo come accade per oggetti come francobolli, monete o auto storiche; in altri, è la popolarità dell’autore (un eccentrico miliardario, per esempio, o un rapper) che stabilisce la rilevanza economica del NFT che viene messo all’asta.

Gli NFT non sono un fenomeno nuovo – i “criptogattini” che hanno dato origine al fenomeno degli NFT risalgono al 2017, per esempio – ma negli ultimi mesi si sono ampiamente diffusi. Gli esempi recenti sono variegati: la popolare GIF del “nyan cat” è stata venduta lo scorso febbraio per 587 mila dollari;

un NBA Top Shot, una sorta di figurina digitale che propone una giocata spettacolare di un cestista della lega nordamericana con le statistiche della partita in cui è avvenuta, può valere fino a 208 mila dollari;

un’opera digitale di Mike “Beeple” Winkelmann (una raccolta di 5.000 contenuti caricati in altrettanto giorni) è stata recentemente battuta da Christie’s, la più grande casa d’aste al mondo, per 69 milioni di dollari;

Il gruppo musicale Kings of Leon ha venduto molte copie dell’album “NFT Yourself”, che include un vinile in edizione limitata, un artwork  e l’edizione digitale, per un totale di 2 milioni di dollari;

il co-fondatore di Twitter Jack Dorsey sta vendendo il suo primo tweet e la migliore offerta è di 2,5 milioni di dollari. L’asta verrà chiusa il 21 marzo e la cifra raggiunta verrà convertita in Bitcoin e donata in beneficienza.

A oggi, secondo le stime di Crypto Slam, sono stati venduti NBA Top Shot per 371 milioni di dollari e “criptopunk” per 155 milioni di dollari.

La particolarità è che chi compra l’NFT, che viene firmato digitalmente dall’autore del bene che viene certificato, spesso non ha la reale proprietà “fisica”. Nel caso del tweet di Dorsey, il co-fondatore di Twitter potrebbe cancellarlo e chi comprerà l’NFT non potrà farci niente.

Gli NFT sono una bolla finanziaria?

L’intero mercato degli NFT sta correndo molto velocemente. E quando un mercato cresce rapidamente e le ragioni di tale corsa sembrano immotivate, inizia a circolare una domanda: è una bolla finanziaria? È stata una bolla finanziaria la prima era del web (la “bolla delle dot-com”): tra il 1995 e il 2000, la speculazione attorno alle prime aziende operative su Internet fu eccessiva rispetto alle possibilità del loro giro d’affari e ai profitti che effettivamente avrebbero potuto registrare; e a un certo punto, quindi, il mercato è crollato perdendo gran parte del valore che aveva accumulato negli anni precedenti e diverse aziende sono fallite.

Lo stesso Beeple, l’autore dell’opera venduta per 69 milioni di dollari, ha detto alla BBC che “penso che ci sarà una bolla, a essere onesti. E penso che potremmo essere in quella bolla proprio ora”. Susanna Streeter, analista di mercato e investimenti di Hargreaves Lansdown, ha sottolineato che “al momento alcune persone stanno comprando questo tipo di asset per un guadagno speculativo nel breve termine, con l’aspettativa che potranno solcare l’onda con prezzi più alti”. Secondo Streeter, però, la frenesia attorno agli NFT potrebbe crollare da un momento all’altro, il che lascerebbe gli attuali proprietari in cerca di un guadagno veloce con “un asset che non vale più niente”.

I brand del mondo dello sport sono stati tra i primi – e più veloci – a entrare nel mondo degli NFT.

 

NBA ha dimostrato già in passato di essere capace di intuire e anticipare diversi trend, e anche questa volta non si è fatta attendere: attraverso una piattaforma dedicata – NBAtopshot -, i collezionisti hanno speso più di $330 milioni per acquistare brevi clip delle migliori azioni dei loro giocatori preferiti. Anche Nike ha cavalcato in fretta il mondo degli NFT, facendo leva sulla community – iper-coinvolta e iper-attiva – degli sneakerhead, con “CryptoKicks”, in sostanza la possibilità di associare ad ogni scarpa un’identità digitale unica (questo consente di verificare attraverso blockchain l’autenticità delle sneaker – tema sempre più caldo visto il valore del mercato delle sneaker in edizione limitata).

FASHION & GAMING: TUTTO PARTE DAI VIRTUAL GOODS

Questi sono probabilmente i mercati più fertili, anche vista la familiarità che le persone hanno ormai nell’acquistare prodotti virtuali all’interno dei videogiochi – basti pensare, ad esempio alle skin, anche branded, di Fortnite o ai brand fashion che vendono abbigliamento per avatar virtuali all’interno di giochi – come Gucci in Tennis Clash.

Un ottimo esempio di NFT in questi mercati è quello del giocatore di calcio tedesco di origine turca Mesut Ozil, che insieme a Boss Logic e Genies ha creato una linea di abbigliamento per avatar virtuali: il ricavato dalla vendita di questi asset sarà devoluto a BigShoe, un’associazione no profit che si occupa di supportare i bambini che vivono in condizioni di povertà.

Gli NFT sono un fenomeno relativamente nuovo, ma la loro popolarità sta decollando in queste settimane – anche – grazie ad alcuni degli esempi che abbiamo visto in questo post, come quello di Beeple, che certamente ha contribuito a velocizzare la notorietà degli NFT.

Per i brand è fondamentale innanzitutto comprendere il tipo di mercato e azione che meglio si può sposare con una campagna legata a questo mondo: per alcuni brand si tratta di qualcosa di molto naturale, mentre per altri potrebbe essere necessario studiare un approccio meno convenzionale per sfruttare gli NFT.

Per approccio si intende sia il tipo di contenuto da creare (un jpeg, un oggetto 3D o un video, ad esempio), sia il tipo di piattaforma da utilizzare per vendere le opere (in base al tipo di audience che si vuole raggiungere, e al messaggio che si vuole comunicare).

Tutto quello che sta succedendo in queste settimane porterà senza dubbio alla nascita di una nuova generazione di piattaforme dedicate agli NFT: i marketplace saranno sempre più simili a gallerie d’arte, in cui esporre e vendere opere d’arte digitali proprio come succede per quelle tradizionali, perché, in fondo, che differenza c’è se non il supporto in cui l’arte viene creata dall’artista?

E la stessa cosa si potrà vedere applicata agli abiti, portati in passerelle virtuali da avatar che sfileranno digitalmente e consentiranno l’acquisto da parte di persone che vorranno vestire i propri corrispettivi digitali.

Alessandro Zijno