Viktor Galovic: “Oggi sento il mio livello molto più vicino agli Slam.”

Conobbi Viktor Galovic un po’ meglio perchè ebbi l’opportunità di seguirlo tutta la settimana a Recanati nel 2017. Nel primo turno eliminò Edoardo Eremin e pian piano lo seguii in tutto il percorso, anche grazie a Davide Cassinello che con il manager Carlo Piccoli erano lì a supportarlo. Parlai molto con Cassinello, il quale mi raccontò le difficoltà superate in quel periodo dal tennista croato e mi spiegò di come stavano lavorando molto bene. 

La lunga gavetta tra Futures e qualificazioni Challenger prima del trionfo di Recanati e la chiamata della Croazia in Coppa Davis. Nel 2020 la nuova esperienza in nazionale durante l’ATP Cup e l’ingresso all’ultimo secondo nelle qualificazioni dell’Australian Open. Lorenzo Ercoli intervista Viktor Galovic per Sportface.it

Ciao Viktor Galovic, come stai e dove di trovi.

“Sono a Milano, a casa dei miei genitori. I trovavo qui quando hanno chiuso tutto, perchè mi allenavo allo Sporting, a Milano2.”

Questo periodo per voi tennisti è un problema ma magari è una occasione per cogliere nuove opportunità.

Spesso ho sentito dire che la stagione era troppo lunga, e in questo periodo magari c’è modo di riposare un po’. Forse però così sarà troppo breve.

Molti ci hanno parlato delle condizioni terribili di Bangkok dove Viktor Galovic si è ritirato.

Io con il caldo soffro sempre molto. Poi in Thailandia c’era una umidità pazzesca con 35 gradi, peggio che in Australia che magari fa 40 gradi ma non è così umido. A Bangkok mi usciva il sudore dalle scarpe, non riuscivo a giocare e mi sono ritirato. Io sudo talmente tanto che non faccio nemmeno in tempo e reintegrare bevendo per quanto liquidi perdo. Dopo 20 minuti in quelle condizioni ero già al limite completamente. Respiravi acqua praticamente.”

Come è iniziato il 2020 di Viktor Galovic.

“In realtà era iniziato anche bene. La mia stagione è cominciata in ATP Cup, che è una competizione dove ci sono entrate economiche non banali e giochi, ti alleni, ti confronti con tanti giocatori di livello altissimo. Poi grazie al fatto che ero lì, sono andato a firmare come Alternate agli Aus Open dove sono anche entrato. Quindi insomma avevo cominciato molto bene ed ero contento. Poi sono capitati un po’ di problemi fisici ma pazienza, può capitare.”

Cosa pensi di ATP Cup e Coppa Davis nel nuovo format?

“Con il format vecchio la Davis era troppo lunga e questo era un problema per i media. Quello nuovo forse va un po’ rivisto, ci sono stati dei piccoli errori ma questo capita quando si comincia un progetto completamente innovativo, va dato atto agli organizzatori che hanno bisogno di tempo. L’ATP Cup ha trovato il consenso di tanti giocatori.”

La carriera di Viktor Galovic è stata lunga, facendo anche Futures. Gli inizi.

Io ho iniziato tardi a fare sul serio. Pensa che il primo aereo l’ho preso a 18 anni per andare a Catania per una competizione a squadre. Da ragazzino dopo la scuola andavo a giocare 3 o 4 volte alla settimana ma solo dopo i 18 anni ho deciso di provare a diventare un professionista full time. In pratica ho saltato tutta la trafila Junior e sono partito in ritardo. Altri ragazzi a 16 anni fanno già esperienze nei Futures, io invece ero all’asciutto, facevo più che altro Open in Italia. Diciamo che poi sono stato veloce a recuperare, imparavo in fretta.”

Nel 2013 L’exploit a Bergamo di Viktor Galovic.

Sì, fu un exploit. Una settimana pazzesca in cui ha funzionato tutto. Fu però un episodio, il mio livello era da 500 o 600 del mondo e infatti restò l’unico vero risultato di rilievo per un po’ di tempo e in classifica tornai dietro. Poi ci fu un anno in cui provai a giocare i Challenger, dopo anni di Futures, e fu Panajotti con cui mi allenavo a spingermi. Era l’unico modo per confrontarmi con gente che giocava a quel livello, che è piuttosto differente da quello dei Futures. Non è una questione solo di tennis, perché anche chi gioca Futures con la racchetta è un fenomeno, ma il mondo dei Challenger è diverso. E per capire se puoi stare a quel livello devi provare a giocarlo. La differenza tra il livello Futures e quello Challenger è nel modo di stare in capo, di affrontare le difficoltà, non è un discorso tecnico. Il giocatore di Challenger è più positivo, si ambienta meglio, è maggiormente capace di affrontare le controversie, interne ed esterne. Nell’anno in cui ho fatto solo Challenger, facendo le quali se serviva, ho capito che il tennista di quel livello ha la sua identità e mi è molto servito. E’ stato un dispendio economico e di testa molto pesante ma molto utile, direi fondamentale. Ho investito su me stesso. Poi tra l’altro alla fine dell’anno facendo i conti, anche economicamente non fu molto diverso da quando facevo i Futures e magari li vincevo, mentre nei Challenger non sempre andavo avanti. Quindi soldi più o meno lo stesso, ma esperienza enorme e salita di livello conseguente.”

Nel 2014, pur essendo 700 al mondo, hai superato le quali a Kitzbuhel, in un ATP.

Ero andato lì e avevo firmato senza sapere se sarei entrato. Era un terno a lotto. Entrai e al primo turno affrontai il fratello di Davydenko. Tutti dicevano che giocava molto bene e correva un sacco e avrei fatto molta fatica. Mi trovavo bene come condizioni, altura e palle che andavano veloci. Vero che i campi erano abbastanza lenti, perché piove spesso in quel periodo, ma trovavo fiducia giorno dopo giorno, sentivo che stavo giocando bene, tanto che, qualificatomi nel Main Draw, affrontai Ramos Vinolas convinto di vincere. Però la sua esperienza mi è stata fatale nel terzo set: lui ha accusato crampi, finti o veri non so e non importa, e io mi sono incartato.”

Hai qualche aneddoto curioso?

Non ho aneddoti particolari del periodo Futures, io mi allenavo tantissimo anche durante i tornei, andavo a correre prima di colazione e dopo le partite continuavo ancora. Parlo di quando stavo con Panajotti. Era un duro lavoro. Come aneddoto invece ti racconto come quest’anno stavo per arrivare in ritardo al primo turno degli Aus Open: ero la mattina ad allenarmi con Lorenzi, io stavo aspettando di entrare in tabellone di quali. Vado in doccia e ci resto un bel po’ per rilassarmi. Quando esco prendo il cellulare e trovo 40 chiamate. Anche Brandi, che era lì con me come allenatore, mi aveva provato a chiamare. Mille messaggi con scritto “sei entrato”. Corro per sbrigarmi e arriva Brandi tutto sudato, entro un quarto d’ora dovevo essere pronto per giocare.”

Secondo exploit vittoria a Recanati e finale a Braunschweig nel 2017 per Viktor Galovic.

“Quei risultati lì arrivano grazie al lavoro fatto in precedenza: fino a Giugno avevo fatto Futures, proprio per costruirmi una classifica decente e infatti a Recanati partii dalle qualificazioni. Infatti all’inizio dell’anno avevo fatto 3 finali nei Futures e qualche semifinale, quindi avevo messo partite nelle gambe e soprattutto avevo giocato bene e conquistato fiducia. Il segreto è stato quello, arrivare convinto.”

*****************************Questo l’articolo che feci nel 2017 per Spaziotennis.com (clicca)*********************

La città del poeta Leopardi regala a Viktor Galovic la gioia del primo titolo Challenger per questo ragazzo di 26 anni, croato di passaporto e di nascita ma ormai italiano a tutti gli effetti, che provenendo dalle qualificazioni ha messo in fila tutti gli avversari lottando su ogni palla come fosse l’ultima della sua carriera.

Nel circuito tutti sanno che Viktor è un talento, che possiede un fisico nato per lo sport, è un grandissimo atleta e si impegna alla morte. Nato dalla classe lavoratrice è uno che ha dovuto sgomitare, lavorare sodo, a volte ingoiare bocconi amari solo per galleggiare e sopravvivere: questo lo ha reso caratterialmente un po’ sospettoso, schivo, sebbene sempre gentile ed educato. Non è particolarmente avvezzo a rompere racchette o dar fuori di matto in pubblico, e un po’ tutti si chiedevano cosa mancasse a Galovic per entrare almeno nella top 200. Forse è sempre mancato quel colpo d’ala, la settimana giusta, e sempre forse è arrivata qui a Recanati, in occasione del Guzzini Challenger.

Al termine della manifestazione lo stesso Galovic ha voluto ringraziare l’organizzazione magnifica di Cristina Gnocchini e Pierpaolo Cenci, uno dei Maestri più in gamba d’Italia che qui al TC Guzzini fa crescere sia sul piano tennistico sia umano più di 100 bambini della Sat, e tutto questo da molti anni, promuovendo nel territorio i valori dello sport e curando anche sul piano sociale la salute dei bambini. Non dimentichiamoci che qui l’agonistica sforna ogni anno molti talenti, ultimo il caso del giovane Peter Buldorini che qui è cresciuto anche se ora si allena altrove.

Da circa 3 anni Viktor si allena a Verona, alla corte veronese di Coach Panajotti, e sul piano atletico si affida alle decisioni esperte di Davide Cassinello, un preparatore coi fiocchi, che ha collaborato persino col mitico Prof. Buzzelli, che più volte ci ha detto che Galovic ha tutto per salire ancora. In questa benedetta finale è stato particolarmente bravo a recuperare nel primo set quando era sotto di un break e trascinare il suo avversario, il bosniaco Basic, qui vincitore nel 2015, al tie break dove Galovic ha preso il largo. Il secondo set è stato equilibrato ma ancora una volta il croato ha piazzato la zampata decisiva chiudendo 6-4 e lasciandosi andare ad una gioia immensa, uno sfogo che teneva dentro da chissà quanti anni.

Molti abbracci con Cassinello che qui lo ha seguito tutti i giorni, e col manager Carlo Piccoli, che ne ha fatto una scommessa personale in tempi non sospetti, vedendo in lui le stimmate del campione e come ci ha detto anche perché è un ragazzo che si fa voler bene.

Il torneo del croato è cominciato dalle qualificazioni per arrivare nel tabellone principale dove ha sconfitto prima Eremin, che non dimentichiamocelo era avanti di un set e stava dominando l’incontro a dimostrazione di quanto i valori siano livellati (avesse vinto il secondo set dove ha avuto anche possibilità, staremmo forse qui a parlare di un successo del giovane azzurro), poi ha superato Vavassori (finalista di doppio insieme ad Ocleppo), poi la testa di serie Halys, in semifinale Caruso, prima del successo come raccontato su Basic.

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L’esperienza in Nazionale Croata in Coppa Davis?

“Successo proprio in quel periodo e non me l’aspettavo perchè comunque davanti avevo Karlovic, i doppisti andavano sempre. La cosa che mi ha aiutato è che si giocava a Bangkok, contr avversari non irresistibili ed era un turno preliminare. Coric non è venuto e ha lasciato un buco: il Capitano mi ha chiamato e io ho detto sì. Le prime volte che entri in quell’ambiente, con gente del calibro di Cilic sei un po’ intimidito, poi però Cilic essendo un ragazzo d’oro mi ha aiutato ad inserirmi. La maglia croata l’ho sentita parecchio: è vero che sono italiano e parlo meglio la anche la lingua, però quella maglia è entrata subito nel mio cuore per quello che significava per la mia famiglia e per il popolo croato.”

Ti manca il main draw Slam, quanto è lontano questo traguardo?

Secondo me adesso è più vicino. I primi quattro Slam che ho fatto ero lontano: avevo fatto al massimo secondo turno, invece lo scorso anno a Wimbledon ho fatto il turno decisivo e credo che quelle sensazioni e quella esperienza mi saranno utili nei prossimi Slam.”

Hai giocato 2 volte in torneo con Sinner…

“La prima volta a Bergamo me lo aspettavo un filo meno ma non più di tanto. Quest’anno avendo fatto la preparazione a Bordighera mi sono allenato molte volte insieme a Jannik e facevo fatica a batterlo. La differenza a Bergamo l’ha fatta un dettaglio non da poco: lui ha continuato a fare lo stesso gioco, le stesse cose sia che stavamo zero a zero, sia nei momenti clou del match. Anche sotto pressione faceva le scelte giuste, quello che doveva fare. Cosa che io non sono riuscito. E lì ho capito che poteva diventare veramente buono, tanto che ha continuato così fino agli Us Open. Lì in America mi sentivo più vicino alla vittoria, stavo giocando bene, ero un break sopra. Ed è successo lo stesso: lui ha continuato a giocare senza disunirsi ed è bastato che io calassi un pelino per perdere la partita.”

Auger Aliassime o Sinner, chi vedi meglio?

Sinner mi sembra più avanti. Con Auger Aliassime ci ho vinto: lui stava prendendomi a pallate, io ho cambiato gioco, ho alzato qualche palla, ho fatto calare la tensione del match e lui non ha trovato soluzioni, ha cominciato a “pensare” e l’ho portata a casa. Con Sinner questo non succede.”

Questo stop a livello economico quanto sta pesando?

“In questo momento chi ha guadagnato qualcosa a inizio anno respira, perché noi dobbiamo far quadrare i conti e molto dipende dalle spese. In questo momento le uscite sono inferiori di molto, non ci sono voli, non ci sono alberghi e spese varie, per cui è più facile se hai fatto cassa prima. Chi non ha guadagnato ad inizio anno è in difficoltà, sicuro. Qualcosa l’ATP dovrebbe fare. Se per dei lavoratori “normali” esiste la cassa integrazione, beh, dovrebbero inventarsi qualcosa di simile per i tennisti professionisti. Dal 100 in poi, ci dovrebbe essere un aiuto economico. Tra chi entra nei Main Draw degli Slam e chi sta fuori ballano 150mila euro minimo di differenza nel budget annuale, e per questo chi sta fuori dalla top 100 ha bisogno di un supporto, non c’è dubbio.”

Per te quando si rientrerà alle competizioni?

“Non ne ho la più pallida idea. L’epidemia può finire in Italia, come è successo in Cina. Ma dalle altre parti del mondo dove è cominciata dopo? II tennis è uno sport internazionale, ci sono voli da prendere, tanta gente che orbita intorno alle competizioni, e persone di tutto il mondo. Per fare un esempio se in India la pandemia è ancora in sviluppo, cosa facciamo, diciamo agli indiani presenti sul circuito di starsene a casa? E poi c’è il problema dei visti per entrare nei vari Paesi. E i dubbi quando entri in un Paese su quando e come uscirne. Insomma tanti quesiti al momento irrisolti.”

Cosa pensi di un eventuale circuito Nazionale in Italia, come stanno organizzando in altri Paesi?

“Sarei favorevole, almeno ci potremmo allenare nella competizione, tenere il ritmo e se ci fosse un Montepremi almeno incassare qualcosa. Anche solo ripartire con degli Open sarebbe positivo.”

Alessandro Zijno