Paolo Lorenzi dai Futures in Costa d’Avorio agli Slam: “Parola chiave “illusion”. Crederci sempre, le illusioni rendono tutto possibile.”

Intervista a Paolo Lorenzi di Alessandro Nizegorodcew per Sportface.it

In collegamento da Sarasota, Florida, Paolo Lorenzi si racconta al direttore Alessandro Nizegorodcew nella trasmissione ’15 minuti con…’. Dai primi punti in Bulgaria accompagnato dalla mamma sino al trionfo di Kitzbuhel, passando per le sfide ai Fab4 e i match epici disputati al Foro Italico e a New York. E uno sguardo anche al futuro.

Il sorriso che illumina il viso di Paolo Lorenzi quando riaffiorano ricordi, quando racconta le sue esperienze è ciò che lo ha fatto vincere tanti match e salire in classifica.

Innanzitutto dove sta e come sta paolo Lorenzi

Sono a Sarasota, in Florida, anche qui c’è l’emergenza ma il lock down è un po’ meno severo, perché puoi uscire per andare a correre nel parco, poter allenarci in qualche campo privato. Qui in America sono organizzati molto bene, vai al supermercato, ordini e ti mettono tutta la merce in macchina. Ero abituato a viaggiare 35 settimane l’anno, non ero mai stato così tanto a casa. Così mi sono fatto una piccola palestra a casa.”

Paolo Lorenzi ha iniziato da piccolo, iniziando la competizione con tuo fratello sul tifo: lui per Edberg e tu per Becker.

“All’inizio mio fratello faceva tennis e nuoto, e i miei genitori giocavano: io per battere mio fratello ho iniziato a giocare. Quella è stata anche la mia fortuna, perché avere un fratello più grande mi ha stimolato la competizione.”

I tuoi primi punti ATP li hai conquistati in un Satellite in Bulgaria dove sei andato con tua mamma. Raccontaci qualcosa di Paolo Lorenzi esordiente.

La primissima esperienza fu in Egitto, in cui andai da solo. Però erano altri tempi, la Federazione non aveva ancora mandato il fax, non c’era internet come adesso, si faceva tutto col telefono e col fax per le comunicazioni ufficiali. A quei tempi c’erano i Satellite che sono stati sostituiti dai tornei Futures: e funzionava che dovevi fare 3 tornei di fila nello stesso posto, poi c’era un master con i migliori. E così rimasi in Bulgaria 28 giorni con mia mamma che mi faceva da accompagnatrice. Andavo ancora a scuola, facevo il Liceo Scientifico, e quindi avevo anche problemi di organizzazione e di logistica.”

Il rapporto con mamma e papà.

Il rapporto era molto tranquillo, visti sia il loro carattere sia il fatto che non erano nell’ambiente tennistico. Forse è più difficile per chi ha il papà o la mamma Maestri.”

Una delle frasi che ha contrassegnato spesso il percorso di Paolo Lorenzi è: “Crederci sempre.” Eppure facesti game 0 con Diego De Vecchis, quindi è vero, non ti sei mai arreso

Alla fine un’altra parola molto importante per me è stata ILLUSIONE. Da Under 14 perdevo 6-0 6-0 negli ottavi, non avevo il livello, e anche altre occasioni ho fatto competizioni dove ero indietro sotto molti punti di vista. Ed è stata l’illusione ha portarmi avanti. A 26 anni ero fuori dai migliori 200 del mondo con un best ranking di 180 ATP eppure io ero convinto di avere la possibilità di entrare nei primi 100. Questa mia credenza è stata la valvola vincente. Per il livello che esprimevo era davvero difficile crederci.”

Primo Challenger vinto è Tarragona nel 2006.

E anche lì si pensava che avessi raggiunto il massimo traguardo, visto che il mio ranking comunque ristagnava intorno ai 200 del mondo. In finale sconfissi El Aynaoui (qui l’intervista del marocchino), che pochi anni prima avevo guardato in TV nei quarti degli Slam.”

Quando hai capito che davvero potevi farcela a vedere il nome di Paolo Lorenzi nei primi 100

Credo di essere stato fortunato nella stagione in cui sono entrato nei 100. Quell’anno avevo cominciato giocando i Futures in Costa D’Avorio. Poi avevo cominciato a giocare i Challenger e mi sono ritrovato a vincerne ben 2. E’ stato tutto così veloce che a fine anno mi sono ritrovato 80 del mondo senza forse nemmeno accorgermene, giocando ben 88 partite, forse un record. Era il 2009 con Coach Claudio Galoppini e Stefano Giovannini che sono stati il mio team per moltissimi anni. Insieme abbiamo raggiunto i traguardi più belli e impensabili, visto che quando siamo partiti eravamo 200 del mondo.: 33esima posizione del ranking ATP, ho giocato negli Slam, tanti tornei ATP di cui uno addirittura vinto.”

Coach Claudio Galoppini, lo storico allenatore di Paolo Lorenzi

Paolo Lorenzi contro i mostri sacri: Nadal, Federer, Djokovic e gli altri

Djokovic forse è quello che mi ha impressionato di più. L’ho affrontato la prima volta che lui aveva 17 anni a Manerbio e quando poi ci ho rigiocato ho ritrovato un fenomeno pazzesco senza avere scampo. Con Murray invece ho giocato delle partite più o meno equilibrate.”

Che ricordi hai della partita con Federer a Wimbledon?

Feci ridere tanto il mio allenatore Claudio Galoppini. Perché mentre percorrevamo il tunnel per arrivare al campo 1, davanti a noi c’erano Federer  che stava entrando in campo con Edberg. E io gli dissi:”Ok che perdo con Federer, ma il problema è che su questi campi perderei anche col Edberg di oggi che non gioca più da secoli.

Nadal a Roma e le esperienze al Foro di Paolo Lorenzi.

“Alla fine quello è stato un match incredibile, c’era la gente che faceva un tifo fenomenale e per me era una forte emozione positiva. Quella è stata una partita fondamentale per la mia autostima, per rendermi davvero conto di potermela giocare con i più forti tennisti al mondo. Nadal sulla terra rossa, giocarci e farci partita quasi pari significa avere un livello altissimo. Fin da piccolo venivo a Roma a vedere il torneo con la mia scuola tennis come tanti bambini fanno tuttora, avevo fatto un torneo bellissimo qualificandomi e poi battendo Bellucci, e quella partita con Nadal fu il suggello di una settimana speciale. Con Rafa ho sempre fatto bellissime partite, anche nei quarti a Buenos Aires, in cui persi 7-6 6-3 giocando bene. Invece sul cemento ho sempre preso stese pazzesche. Sono l’unico al mondo che preferisce affrontare Rafa sulla terra. La prima volta che giocai a Roma in assoluto fu con Lapentti: anche quella una vera battaglia, nel primo turno di quali. Poi la prima volta in tabellone superai Montanes, un altro che su terra andava fortissimo”

Nella partita con Montanes facesti tanti serve and volley, che è stato un elemento tattico nuovo che hai inserito nel corso della tua carriera.

“Sì, è stata una buona idea nata da un mio limite. In realtà io non ho un colpo risolutivo o comunque capace di far male a tal punto da poter scendere spesso a rete. La sorpresa dopo un buon servizio, magari lavorato come si deve e indirizzato bene, può essere un’arma anche senza una battuta velocissima. Il serve and volley mi permetteva anche di accorciare gli scambi, perché stava sorgendo il problema di vincere i punti dopo scambi lunghissimi che comunque poi avrei potuto anche patire sul piano atletico.

Quattro finali ATP; il successo a Kitzbuhel nel 2016 e gli Slam con New York come preferito

In semifinale a Kitzbuhel ho chiuso al dodicesimo match point. Su New York posso dire che a Luglio e Agosto ho sempre giocato bene, e le condizioni di Flushing Meadows mi piacciono di più perché la palla rimbalza più alta mentre ad esempio in Australia il rimbalzo è più basso. I campi di New York non sono velocissimi e riesco ad usare meglio il back e anche andare a rete in controtempo. La cosa strana è che a Parigi ho sempre giocato molto male, ecco diciamo che mi sarei aspettato qualcosa in più guardandomi indietro.”

Il futuro di Paolo Lorenzi. Ti vedi più Coach, commentatore televisivo o altro?

“Vorrei comunque restare nel mondo del tennis, ho provato a fare il commentatore televisivo e mi sono divertito tantissimo. Mentre ancora non ho mai provato a fare il coach. Mi mancano 8 o 9 partite a livello Challenger per superare Ramirez Hidalgo che detiene il record di vittorie, 423. Io ne dovrei avere 415, per cui sono abbastanza vicino. Vorrei batterlo per poi mandargli un messaggio. ”

Alessandro Zijno