Fabio Colangelo da Torino e Stefano Ianni da Miami ci raccontano la loro carriera e gli aneddoti di una vita vissuta nel tennis professionistico

Stefano Ianni (ex 300 Atp, in collegamento da Miami) e Fabio Colangelo (coach, voce di Eurosport ed ex numero 415 Atp), intervistati per Sportface.it da Alessandro Nizegorodcew
Innanzitutto dove siete
Colangelo: Essendo qui in Italia la situazione la conoscono tutti, sono vicino Torino e il momento è quello che è, lo conosciamo tutti. Credo che sia interessante sentire Stefano Ianni che essendo negli Usa ha uno sguardo differente
Ianni: Ora qui si stanno mobilitando tutti, hanno già chiuso bar, ristoranti, negozi, ci hanno messo una settimana a farlo ma adesso l’orizzonte sembra chiaramente indicare una chiusura totale. Io stesso ho cominciato da domenica scorsa a starmene in casa, anche perchè sembrava che il papà di una mia allieva fosse positivo al coronavirus, per cui ero anche un po’ spaventato. All’inizio tutti dicevano che era solo una classica influenza, che il clima caldo avrebbe aiutato a non diffondersi, ma ora si è capito che non è così. Io essendo italiano e vedendo cosa stava accadendo al mio Paese ero un tantino più allarmato. Ora probabilmente allerteranno i militari e si fermerà tutto per diverso tempo. Comunque mi sono attrezzato per i tempi duri: pasta, tonno in scatola, vino e ogni ben di Dio.
Raccontatevi a chi non vi conoscesse, chi sono Fabio Colangelo e Stefano Ianni raccontando l’uno la vita dell’altro?
Colangelo: Stefano Ianni, innanzitutto, è uno dei migliori amici che si possano desiderare nella vita. Ci conosciamo da una trentina anni e nonostante abbiamo vissuto una rivalità nella vita tennistica è una delle poche persone che possa annoverare come vero amico. Ha giocato molto bene a tennis, ha avuto una gran bella carriera diventando numero 300 al mondo, tirava molto forte diritto e servizio, quando tirava il rovescio alzava un po’ la serranda (interviene Ianni rivendicando un buon back di rovescio), volee di diritto inguardabile, non mi spiego come abbia vinto più partite di me in doppio. Forse perché gli ho insegnato io a giocare in doppio, ero io sempre a rompergli le scatole ed insistere di giocare insieme perché lui non voleva. Quindi cosa ha fatto? Ha fatto smettere me per cominciare lui a giocare il doppio sul serio. Poi ad un certo punto capitò a fare dei tornei in Florida e si innamorò di quei posti e mi disse: “io qui voglio venirci a vivere” ed è stato di parola, ha avuto il coraggio di farlo. Poi nel frattempo ha anche trovato l’Amore che non guasta. Vive da un po’ di anni a Miami, fa il Maestro e mi manca, anche se ci sentiamo spesso.
Ianni: Io sono qui col mio Spritz, per onorare Congy, per parlare di lui come si deve. Forse molti non lo sanno ma Colangelo è anche un sommelier, un conoscitore sopraffino di vini. Come ha detto lui ci conosciamo da trent’anni e vi racconto la prima partita contro di lui. Io serve and volley, da amante del gioco di Edberg, più o meno avevamo 10 anni. Lui anche serve and volley da amante di Boris Becker. Però poi lui per vincere ha cominciato a fare il pallettaro giocandomi alto sul rovescio. Vinse lui, erano i campionati regionali Under 12 ad Arcore. Fabio è stato, ed è tuttora, un grande amico ma anche un grande compagno di allenamenti. Debbo ringraziare lui e suo papà Tullio perché grazie a loro abbiamo creato ad Arese un bel gruppo di lavoro agli ordini del Maestro Borroni giocando molto più seriamente a livello Professionistico. Sono stati degli anni dove abbiamo imparato tantissimo e oltre ad averci formati come giocatori quelle esperienze hanno formato gli uomini che siamo. Come ha detto lui se avessimo giocato il doppio insieme credo avremmo fatto grandi cose, però lui faceva il doppista quando io spingevo per la mia carriera nel singolare; poi lui ha smesso e io ho cominciato a fare il doppista. Questo è un bel rimpianto. Insieme abbiamo vinto i campionati italiani di seconda categoria, gli italiani Under 18, abbiamo vinto dei Futures ma non abbiamo mai veramente provato a fare i doppisti insieme.
Voi due siete classe ’81, una delle annate più forti, eravate in tantissimi che giocavate un gran tennis in italia. C’erano Volandri, Lorenzi, Potito (Starace ndr)
Colangelo: proseguo io, Aldi, Uros Vico, Stefano Mocci (tennista sardo che non aveva rivali da under 14 e 16, poi nel professionismo si è un po’ fermato ndr), Matteo Galli, Livraghi, e tanti altri, quanti ricordi. Nei campionati Italiani Ianni mi eliminò ai quarti di finale e facevamo il doppio insieme dove dovevamo giocare la finale e poi il giorno dopo viene da me e mi fa: “Fabio io non posso giocare la finale del doppio, sono tropo stanco”. Volevo ucciderlo. Cavolo, ero rimasto là apposta, eravamo favoriti in finale e questo qua mi dice che non vuole giocare! Poi abbiam giocato e abbiam vinto.
Ianni: Considera che io e Fabio eravamo tra i primi della Lombardia ma tra gli ultimi dell’Italia (e ridono entrambi di gusto). Aggiungo De Vecchis, Emiliano Privato che ho visto un mese fa qui a Miami, ce n’erano davvero tanti.
I testa a testa tra voi due come sono? Il sito ITF recita 3-1 per Ianni
Colangelo: sì, una volta ho vinto per ritiro, un’altra persi 7-6 6-2 e mi prese un nastro sul set point, una roba pazzesca.
Ianni: aspettate che intanto mi stanno arrivando messaggi dappertutto, ecco De Vecchis. E vi faccio vedere con la webcam dove vivo, qui tutti i palazzi hanno la palestra ma ora le palestre sono chiuse e quindi tutti fanno workout sul balcone.
La trasferta più divertente con Ianni in giro per il mondo
Colangelo: Credo Vilnius. Perché succede che lui prende un appartamento, perché c’era già stato a Vilnius l’anno prima ed era introdotto meglio. Eravamo io, lui, Laurent Bondaz, Nicolò Cotto (ex 741 ATP ndr) e Uros Vico. Si stava bene ma i risultati di tutti noi, tranne Ianni, non furono eccelsi e quindi ogni sera dopo cena andavamo a berci una cosa. Lui invece vinse torneo e fece finale a quello successivo e quindi non era mai potuto uscire con noi. L’unica sera che poteva uscire era dopo la vittoria del primo torneo ma noi eravamo cotti, distrutti dalle baldorie precedenti, e lui era disperato perché siamo tutti andati a letto prestissimo lasciandolo solo. Quando Stefano ha vinto il torneo, il proprietario del locale (un appassionato di tennis e di Italia) dove andavamo gli regalò una Magnum e festeggiammo a Champagne!
Ianni: Sì, quella sera a Vilnius, restai con Nick Cotto, anche se le sere prima dai qualche volta li avevo accompagnati, senza bere e senza tirar tardi. Era una bottiglia enorme e festeggiammo la sera della finale senza praticamente riuscire a finirla in una settimana. Oltre Vilnius mi ricordo Belgrado, ma quella che mi è rimasta più nel cuore con Congy è Toronto quando siamo andati a cena con tutta la famiglia Colangelo, erano circa 40 persone tra cugini e parenti vari. E’ stato bellissimo, poi da Toronto siamo andati alle Hawai e per me era la prima volta in America. Alle Hawai con Fabio e Marco Crugnola: la scena più bella è stata quando l’ultimo giorno, avevamo la finale di doppio io e Crugnola alle 9 del mattino. Io la sera prima avevo fatto serata da solo per gustarmi le Hawai per l’ultima volta, e in più avevamo scassato le scatole all’organizzazione del torneo perché ci mettessero la mattina presto per permetterci di prendere l’aereo. Il giorno prima avevamo anche affittato una macchina per fare un bel giro di Honolulu. Vinciamo la finale in una partita epica, 7-6 al terzo set quando ancora si giocava il terzo set classico, torniamo in Hotel e…la macchina non c’era più. Presi dal panico ci siamo divisi i compiti, Fabio a fare la denuncia, Crugnola a prendere le valigie, io a sistemare il conto dell’Hotel. Ero distrutto, prendiamo la transportation e andiamo a fare il check-in all’aeroporto quando Congy mi chiede dove sia la sua valigia. Cavolo, non c’era, ho dovuto chiamare il direttore del torneo che mi sarà costato un occhio della testa che c’erano i cellulari vecchi con le vecchie tariffe, e farcela portare al volo prendendo l’aereo praticamente che stava partendo.

Stefano Ianni
Il posto più brutto in cui siete stati?
Colangelo: La trasferta peggiore, decisamente Uzbekistan, con Cipolla, mi pare nel 2003 o nel 2004, lì mi trovai davvero male. Il cibo era pessimo, persi 4 chili in 2 settimane, un Challenger organizzato davvero male. Poi ricordo in Slovacchia con Francesco Piccari un hotel davvero scadente.
Ianni: La mia in India, dove Congy mi ha lasciato da solo. Era iscritto anche lui, ma poi non partì. Aveva detto “dai organizziamo la trasferta in India, Ottobre, non c’è nessuno, io te e Crugno, satellite con ospitalità, punti appetibili”. Io dall’inizio faccio a tutti che in India non ci andavo nemmeno morto, poi alla fine ci sono andato da solo. E’ andata anche bene la trasferta, però quando sono tornato ho avuto una infezione intestinale per un mese. Ho bruciato i vestiti che mi ero portato lì, quando son tornato dall’India. Sì direi India trasferta allucinante: arrivo lì da solo, a New Delhi, alle 3 e mezza di notte, il torneo si giocava in una Accademia sperduta ad un’ora di distanza da New Delhi: quindi prendo il taxi, un taxista col turbante, macchina tutta scassata, per strada giraffe, elefanti, gente strana mi immaginavo già rapito e buttato chissà dove. Poi arriviamo in Accademia e già le guardie armate non mi son piaciute. Mi avevano detto Accademia nuova, ma vedo un campo gigante e non vedo le righe, non vedo la rete, non c’era traccia di un campo dove giocare a tennis. Allora vado dall’uomo della security e gli chiedo dove si gioca il torneo. Per tutta risposta quello mi fà : ”i campi li costruiscono domani.” In più stiamo parlando di 15 anni fa, e già da giorni non riuscivo a comunicare col direttore del torneo che non rispondeva alle mail. Poi avevo richiesto la prenotazione della stanza, ma non c’era traccia nemmeno di quella. Ad un certo punto mi mettono in una stanza con 30 indiani, non ho nulla contro gli indiani sia chiaro, ma ero da solo, una puzza di “peste”, una situazione che dire sgradevole è poco. Ho dormito vestito, col turbante e la sciarpa, una roba indescrivibile. Però dai, son riuscito a far serata anche lì, una volta al ragazzo del taxi con la vespetta gli ho chiesto di guidare io per divertirmi. Insomma ho preso ciò che di buono, il poco, che c’era. Alla fine delle 4 settimane c’era il Master (come si usava nei Satellite in quel periodo NDR) e ho mangiato qualche schifezza sentendomi pure male, per fortuna qualche punto l’ho preso almeno.
Ianni e Colangelo nel tennis di oggi che classifica avrebbero?
Colangelo: Penso che Stefano nei primi 150 almeno ci sarebbe stato.
Ianni: Credo che per noi di quegli anni oggi sarebbe più facile avere anche visibilità e quindi qualche aiuto economico. Avevamo una cultura tennistica superiore, ci allenavamo molto bene e con la tecnologia di oggi più la capacità di lavorare di ieri beh, potremmo fare molto bene. Infatti a molti ragazzi statunitensi che mi chiedono di allenarli qui, perché vedono un certo modo di lavorare, dico di venire in Italia: la classe 81 come noi ha sfornato tanti Coach non a caso e in Italia spenderebbero pure meno. Anche Congy top 200 sarebbe diventato facile.
Cocktail preferito di Ianni?
Ianni: dipende dalle ore, prima di cena Spritz, a cena vinello, dopo cena Mirto tutta la vita. In discoteca Vodka Lemon, un classico.
Colangelo fa anche il commentatore, la seconda voce per Eurosport: quale è la più bella partita che hai commentato? E quella che hai giocato?
Colangelo: Nadal-Fognini nel 2015. La mia partita più entusiasmante è una partita contro Ionita in Serie A, ci tenevo tanto perché con quella partita portai il mio piccolo circolo in serie A1.
Ianni: la mia più emozionante che ho giocato è stata a Vilnius quando vinsi disteso con i crampi contro Goransson. Poi quella in cui ho giocato il miglior tennis, è quando vinsi 7-6 al terzo contro Dimitrov, mostrando un tennis incredibile. Mai più giocato così bene. Comunque ora mi vengono in mente tanti ricordi. Un’altra storia è questa: giocai contro Lucone Vanni a Palazzolo, persi al primo turno in quali. Voglio bene a Lucone ma diritto e rovescio non la mandava di là, era solo servizio a quei tempi e in quella occasione. Quindi io ero molto giù alla fine… (irrompe nel racconto Colangelo che dice:” io ero ad un torneo, Stefano mi chiama e mi dice che ha intenzione di smettere, allora gli consiglio di andare a fare le quali a Umago, che è un bel posto, c’è il mare e magari avrebbe trovato motivazioni e sensazioni positive.)..poi però è arrivato Umago, mi sono qualificato e al secondo turno la sfida con Djokovic, che resta una bella soddisfazione per la carriera. A Umago con Cipo avevamo preso la stanza insieme, e io pensavo di andare fuori subito viste le prestazioni delle settimane precedenti, e invece tutti e due ci qualificammo e io vinsi il primo turno con Gabashvili, che si ritirò dopo una distorsione e mi trovai a giocare con Nole. Djokovic in quel momento era numero 23 del mondo, aveva appena vinto Amersfoort e all’inizio ero abbastanza contratto. Poi dopo un bel recupero con i complimenti del campione serbo, mi sono sbloccato e pur perdendo mi sono difeso bene.
Qualche giocatore vi ha colpito nel bene o nel male affrontandolo?
Colangelo: A Simon non davo molto credito, mi era sembrato un giocatore nella media e non di più, invece credevo moltissimo in Murray: dalla prima palla capii che Murray era di un altro livello.
Ianni: Dimitrov aveva 17 anni e già si capiva che sarebbe diventato fortissimo, faceva impressione, soprattutto col diritto come colpiva la palla faceva punto. Da ogni parte del campo muoveva la palla come voleva, poi serviva anche bene. Giusto sul rovescio si poteva giocare ed è stata una lotta pazzesca: ho vinto 7-6 al terzo.
Colangelo a Ianni: Se si ricorda di quella volta in cui mi chiedeva di continuo se con 7 punti ATP io e 1 lui entravamo in un tabellone di un torneo. E non c’è stato verso di fargli capire che ne avevo 9 di punti (e ride)
Ianni: sì che me lo ricordo
Ianni a Colangelo: Cosa gli manca di quel periodo in cui giocava a tennis a livello professionistico, di quella vita anche se fai il coach e il commentatore mentre io sono più staccato
Colangelo: Il rapporto che si creava tra noi, ed era bello il fatto che si stava molto meno col cellulare in mano e le emozioni si condividevano direttamente e senza mezzi tecnologici. Non c’erano i social, quindi ci si trovava e si stava molto tempo insieme. Si giocava a carte, a backgammon, insomma erano altri tempi.
Alessandro Zijno