Misteri: Carcere per il Coach Peter Seisenbacher, la fuga, la condanna e un misterioso suicidio

Per chi li ha vissuti gli anni ottanta nell’Europa occidentale sono stati un decennio magico, unico, irripetibile: un’epoca di estati apparentemente eterne, ma anche di Vacanze di Natale interminabili, di amori da romanzo romantici e puliti (anche quando non ricambiati), un periodo di creatività continua ed innovativa, di benessere sociale, di sogni ad occhi aperti. Un decennio che nessuno di noi pensava che un giorno sarebbe potuto terminare. Per Peter Seisenbacher è proprio così: gli anni 80 sono l’emblema della sua vita. E’ forte, bello, spensierato, non è ricco ma in quei periodi si era ricchi anche senza soldi, si aveva sempre una speranza per il futuro. Era lontano a venire internet e lo sport rappresentava quello che forse oggi rappresenta lo smartphone: praticare una attività sportiva equivaleva a conoscere il mondo circostante, analizzare e confrontarsi con gli altri, avere contatti umani, in altre parole socializzare, costruirsi una identità. Non si praticava per diventare ricchi e famosi. Non se ne aveva nemmeno la coscienza che si sarebbe potuti un giorno diventare “ricchi e famosi”. Sono gli anni in cui nei raduni sportivi si dorme tutti insieme su letti improvvisati o durante le mattine prima delle gare si chiacchiera, si ride, si scherza, si socializza nel senso più pieno del termine. Questa disamina storica è essenziale per comprendere appieno le dinamiche di quel periodo: oggi è molto più facile, come sappiamo, assistere a “pizzate” dopo gara in cui tutti, dai manager agli atleti, dai responsabili tecnici ai magazzinieri, stanno col cellulare in mano a chattare.

Peter Seisenbacher AUT celebrates his victory in the final.

Siamo nel 1984, imperversano i Police con “Every Breath You Take” che Peter Sesisenbacher canticchia nel suo inglese con cadenza tedesca. Non ama invece Boy George che, con “Victims”, ha spopolato fino a pochi mesi prima. Non vuole nemmeno sentire la parola “vittima” il campione austriaco. Sono anni che lotta, il giovane Peter, e ora finalmente nella città dei sogni e degli angeli, a Los Angeles, può alzare le braccia al cielo ed urlare. La medaglia d’oro alle Olimpiadi nel Judo, nei -86Kg di peso, è sua! Nella palestra della California State University risuona l’inno austriaco. E’ la gioia, immensa, di una vita finora spesa per allenarsi, sudare, piangere, disperarsi, godere per lo sport che ama. E’ la sua vita, il suo momento, nessuno può toglierglielo. Quattro anni dopo Peter si ripete, ora che è più maturo, ha 28 anni e conquista la seconda medaglia d’oro alle Olimpiadi di Seul: è la consacrazione, una soddisfazione più adulta, forse ancora più sofferta perché sperata, mentre 4 anni prima non era certo il favorito. L’Austria è ai suoi piedi, nelle Olimpiadi estive non vince certo così spesso. Il mondo del Judo europeo vede quel campione un po’ sbruffone a volte, ma così tenace, come un esempio, l’emblema di questo sport tanto speciale. Peter incarna il Judoka moderno, forse non solo come stile tecnico, ma anche come personalità, così distante dallo stereotipo asiatico, raccontato dal mainstream e dalle storie tramandate di bocca in bocca. Peter è la risposta europea al modello asiatico, giapponese soprattutto, antitetico all’asceta che mantiene le emozioni forti dentro di sé. Peter Seisenbacher, a detta di chi lo ha conosciuto bene, è un uomo sagace, a volte iracondo, trascinatore, simpatico e guascone. E’ anche però un uomo solo, molto solo, come tutti i fuoriclasse. E’ anche uno che piace alle donne: ha il fisico dell’atleta e sa conquistarle alternando modi duri con carezze. E a lui le donne piacciono. All’epoca nessuno ancora parlava di dipendenza dal sesso, ma si vociferava che Peter faticasse a resistere alle tentazioni della carne.
Nel 1992 Sesienbacher scrive a quattro mani con George Kerr un libro che è una pietra miliare per lo studio della sua disciplina: “Modern Judo: Tecniques of east and west” diventa uno dei testi per la formazione di moltissimi allenatori di Judo nel mondo.


Dopo aver vinto per 3 volte il titolo di atleta dell’anno in Austria, alla fine del 1998 Peter decide di fermare le sue competizioni internazionali: ha vinto tutto quello che si poteva vincere, ma non è appagato. Vuole insegnare, vuole continuare a viaggiare, è un uomo curioso, animato da una grande passione ancora per il Judo, per la vita e per tutto ciò che può offrirgli. Non è particolarmente legato al denaro, gode più del potere che la sua fama e considerazione gli forniscono all’interno del Judo internazionale.
L’anno successivo la Federazione Austriaca gli offre la responsabilità dell’attività giovanile e Peter svolge il suo compito con estremo impegno ed anche con risultati eccezionali per una nazione piccola in cui il Judo è comunque considerato uno sport minore senza grosse somme di denaro investite: crescono sia i maschi che le femmine, e soprattutto una sua allieva Claudia Heill, tra le altre, si mette in mostra negli anni in cui Peter Seisenbacher è l’allenatore.

Claudia Heill

Lo stile di Peter come Coach è a metà tra il papà, il confidente e il sergente di ferro: chiede massima disciplina prima, durante e dopo allenamenti e competizioni, ma allo stesso tempo è il primo a venire incontro alle esigenze di atleti e famiglie. E’ lui stesso spesso a dire che l’aspetto mentale sia predominante nello sport, e che il benessere dell’atleta deve essere considerato a 360 gradi. In questo è molto “asian oriented”, e il suo modo di rinforzare l’autostima degli atleti è anche basato sul contatto fisico. E’ generoso di abbracci, slanci di dimostrazione di affetto anche calorosi, è il suo modo di creare intimità con l’atleta. Non pensa minimamente che questo atteggiamento gli costerà caro in futuro: pensa ad ottenere il meglio dai suoi allievi, e per farlo scava in tutte le possibilità. Nel frattempo Seisenbacher si lega sentimentalmente ad una donna, precedentemente sposata e con due figlie. Il rapporto sembra andare bene e il Maestro austriaco sembra felice, incarna anche il ruolo di papà per queste due ragazzine minorenni.

Nel 2009, dopo aver portato l’Austria a grandissimi livelli nel Judo, giovanile e assoluto, il viennese Seisenbacher si trasferisce in Georgia: c’è un Paese che vuole rivivere i fasti del passato, ora che l’economia sta viaggiando bene e il nazionalismo georgiano sta crescendo nei cuori dei giovani dello stato caucasico. Con il Bronzo ai mondiali di Parigi nel 2011 e soprattutto medaglia d’oro alle Olimpiadi di Londra 2012 grazie a Lasha Shavdatuashvili, Anche nel Judo Georgiano Seisenbacher diventa un mito, apprezzato sia per le sue doti tecniche di allenatore, sia per la maniera in cui si è tuffato nella cultura georgiana, diventandone un tutt’uno. Ama i buonissimi vini della Georgia, esportati in tutto il mondo, adora la “dolce vita” di Tbilisi, una città giovane e moderna che offre tanto a chi vuole divertirsi con stile. Persino gli antichi romani, che conquistarono quelle zone (allora denominate “Iberia”, il che ha messo in difficoltà i geografi del passato che consideravano Iberia solo l’attuale Spagna) restarono affascinati dalla bravura dei Georgiani nelle discipline di lotta. L’educazione fisica è qualcosa di storico in Georgia e il nostro Sesisenbacher gongolava nel sentirsi parte di questa magnifica cultura millenaria. Peter imparò l’alfabeto e la lingua Kartuli e si dice che avesse anche una buona pronuncia. Amava andarsi a bagnare nelle acque del Mar Nero a Batumi, nota città turistica. Insomma un periodo molto felice della sua vita. Continua a sentire i vecchi amici austriaci, i suoi allievi, come Patrick Reiter e Ludwig Paischer che personalmente ha seguito negli anni di allenatore in Austria i quali serbano di lui il ricordo di un coach attento e paterno, ancorchè duro.

Lasha Shavdatuashvili of Georgia celebrates his victory over Miklos Ungvari of Hungary in the Men’s Judo 66kg Gold Medal contest with his coach Peter Seisenbacher, at the London 2012 Summer Olympic Games on July 29, 2012 in London. UPI/Ron Sachs /LANDOV

Ma nel frattempo era salita alla ribalta una notizia clamorosa: il 31 Marzo 2011 cade dalla finestra e muore la Judoka austriaca Claudia Heill, argento alle Olimpiadi di Atene nel 2004 allenata per molto tempo proprio da Seisenbacher. La vicenda dà uno scossone sia al coach stesso sia ai suoi detrattori. Claudia, Judoka viennese fortissima, non aveva mostrato nessun segno di debolezza nei giorni precedenti. Sul suo account facebook mostrava foto di acconciature che le sarebbero piaciute, e progettava viaggi spensierati in località esotiche. La sera precedente la sua morte Claudia Heill aveva cenato in compagnia di un suo amico, del suo ex allenatore Rohrauer, della tennista Barbara “Babsi” Schwartz e di sua madre Sabina. E non aveva dato nessun segnale di difficoltà emotiva. Era felice di aver interrotto la sua attività di allenatrice per perseguire la laurea. Ho provato a contattare Babsi Schwartz, la quale però non vuole ricordare quella vicenda. Babsi è un personaggio fondamentale in questa storia: è una amica carissima di Claudia, le due hanno solo 3 anni di differenza, entrambe sono viennesi e Barbara, più grande, è un punto di riferimento per la Judoka. La Schwartz è stata numero 40 del mondo nella classifica WTA, ha guadagnato 500mila dollari in carriera e fatto quarti di finale al Roland Garros, sulla terra che è la sua superficie preferita. Per Claudia Heill è un piccolo grande mito perché Babsi è più forte caratterialmente, è spigliata in pubblico, e soprattutto è la campionessa di uno sport mentalmente molto simile al suo, visto che il tennis è un combattimento come il Judo, pur senza colpirsi. Solo Babsi Schwartz e pochi altri sanno davvero i retroscena di quel gesto tragico di Claudia ma nessuno ha mai realmente voluto dire di più.

Barbara Schwartz

Tra i nemici di Seisenbacher qualcuno mormora che il coach austriaco potesse essere in qualche modo legato a quel gesto, sempre ammesso che si tratti davvero di suicidio. In realtà Sesisenbacher stesso smentisce le voci che parlavano di un passato legame sentimentale tra lui e Claudia e pur addolorato dà una sua spiegazione del gesto tragico della judoka: “Claudia è sempre stata molto impulsiva, faceva parte della sua personalità. È tragico, ma è possibile che abbia agito nella sua vita in modo simile a come faceva sul tatami.” Questo episodio squarcia definitivamente il velo di protezione all’interno del piccolo mondo del judo austriaco: gli inquirenti che indagano sulla vicenda di Claudia Heill (la mamma fa riaprire le indagini per breve tempo) vengono a conoscenza di quello che tutti sanno. Amori, tradimenti, gelosie, infatuazioni, colpi bassi, inciuci, diffamazioni, vere amicizie e odi profondi. Non trovano nessun riscontro alla eventuale ipotesi di omicidio, non ci sono segni di effrazione in casa, non ci sono segni di violenza sul corpo di Claudia. Ma si fanno una idea chiara dei vari personaggi della vicenda. E questo non deporrà a favore di Seisenbacher.
Siamo nel 2012, la stella di Seisenbacher come trainer è ai massimi splendori, in Georgia è un nuovo idolo ma in Patria si cominciano a spargere voci infamanti sul suo passato. Qualcuno sussurra di una condotta non consona di Peter, altri si spingono più in là e parlano apertamente di infatuazione di Seisenbacher per alcune allieve, per altro corrisposte grazie all’influenza del suo ruolo da allenatore. In altre parole avrebbe sedotto alcune ragazze, anche durante stage di preparazione in giro per il mondo. La sua fama di sciupafemmine e la sua nota estrosità nei modi fanno il resto. Le voci si diffondono, inizialmente solo nel sottobosco del Judo, poi nelle varie Federazioni Sportive mondiali. In Georgia nessuno dubita di lui, ma Peter comincia a sentire odore di bruciato. Qualcuno vuole “fotterlo” come direbbe lui. I pochi amici fidati lo sostengono da subito, e gli consigliano un avvocato. Così, tanto per difendersi, semmai le accuse dovessero esserle formalizzate nelle procure. Siamo ancora alla fine del 2012, ma Peter pensa e ripensa a chi può aver pestato i piedi. Beh, sono tanti i papabili. Innanzitutto la sua ex fiamma, una donna, dicono potente per agganci e molto vendicativa tanto che io stesso che scrivo l’articolo ho tentato di contattare senza riuscirvi. Poi i gerarchi della Federazione Austriaca: molti sono restati suoi amici, certo, molti lo stimano, ma anche tra loro c’è qualcuno che vorrebbe la sua testa, se non altro per lo sgarbo fatto andandosene ad allenare i rivali georgiani e per qualche atteggiamento tenuto da Sesisenbacher stesso durante i combattimenti dei suoi allievi dell’est contro i compatrioti. Infine c’è l’invidia: chi vince è solo, e solo continua a combattere. Un suo caro amico, che resterà sempre nell’ombra e ho conosciuto virtualmente come “zombie”, contattato via internet, sostiene che sebbene Peter fosse un super-allenatore, avesse delle simpatie e antipatie personali che non gli consentivano di fare delle scelte, nelle rappresentative nazionali in Austria, scevre dai suoi sentimenti: insomma beghe di basso livello tra chi meritasse e chi meno. E questo gli avrebbe comportato la voglia di vendetta da alcune allieve. Gelosie, tranelli, imboscate, e poi annunci di querele. Così quatto quatto, Peter fa i bagagli e da Tbilisi si trasferisce a Baku, in Azerbaijan, dove ha preso precedentemente contatti per diventare allenatore dei Judoki azeri. Anche in Azerbaijan c’è una antica tradizione di lottatori, la nazione esalta il Karate ma anche il Judo è seguito. L’Azerbaijan, così come la Georgia, vuole un riconoscimento internazionale e l’assunzione di Sesisenbacher è dovuta anche all’esigenza della potente federazione caucasica di darsi un tono a livello mondiale riguardo al Judo. Baku è sul mar Caspio, è una città cosmopolita in enorme espansione. Siamo nella metà del 2013 e Seisenbacher va a vivere nella parte della città costruita dai russi, in cui ora sorgono imponenti grattaceli. E’ guardingo, ha chiuso i suoi conti correnti e ha lasciato solo una carta prepagata dove si fa accreditare lo stipendio. Non frequenta altro che la palestra, il centro federale azero, e un ristorante in centro. Nel corso della sua permanenza a Baku, Peter Seisenbacher si incontra misteriosamente con personaggi oscuri alla stazione della metro di Nariman Narimanov: c’è chi parla di doping, chi di traffici illeciti, chi di spionaggio industriale-sportivo a vantaggio dell’Armenia storica nazione belligerante con l’Azerbaijan. Ma sono probabilmente solo suggestioni. Due sono le cose certe: la prima è che come al solito Peter Seisenbacher sta lavorando bene, perché il team azero diventa tra i più forti del mondo. La seconda è che si sta attrezzando per fuggire ancora. Teme che il cerchio intorno a lui si stia chiudendo, in cuor suo sa di non aver commesso alcun crimine ma ha il chiaro sentore che la terra gli stia tremando sotto i piedi. Probabilmente in quegli incontri Peter non fa altro che programmare una eventuale fuga e forse consegna soldi, cellulari, documenti a chi potrà favorirne la latitanza. Dopo la drammatica morte di Claudia Heill che aveva fatto da detonatore, nel giugno del 2014 alcune donne avevano presentato una denuncia penale contro di lui con l’accusa di averle violentate quando erano ancora minorenni o addirittura bambine. Quando lo viene a sapere, non si sa bene da chi, l’allenatore austriaco si trova in palestra a Baku: sta allenando Rustam Orujov, che vincerà l’argento a Rio nel 2016. Si dice che si sia messo seduto e non abbia proferito parola per ore, lui che era così ciarliero anche durante le sessioni di training. Aisha Gurbanli, campionessa judoka azera dichiarerà in futuro di aver visto cambiare il suo allenatore Peter Seisenbacher come umore da un certo momento in poi, e di non credere ad una sola parola delle sue accusatrici. Peter lavora come un matto, sfoga la sua rabbia proprio nella sua attività di direttore tecnico del Judo azero. Ha instaurato un legame fortissimo con i suoi atleti ai quali non rivela nulla delle sue peripezie in quei momenti ma ai quali chiede il massimo impegno. I risultati non si fanno attendere tanto che proprio subito dopo le Olimpiadi di Rio, a settembre 2016, la Federazione Azera emette questo comunicato in cui si autocelebra:
“The International Judo Federation has released the results of all national teams for 2016. The results listed the number of medals won by countries. The adult judo team of Azerbaijan has made considerable progress as compared to previous years.
The team led by the Austrian coach Peter Seisenbacher won 51 awards in competitions of various levels. His clutch includes 14 gold, 10 silver and 27 bronze medals.
The Federation’s results showed that Azerbaijani judokas won 351 times out of 710 fights during the year.
The Azerbaijani judo fighter, silver medalist of Rio-2016 Summer Olympic Games Rustam Orujov was named the best in Azerbaijan’s male team. Moreover, he is the strongest in the world in his weight class of 73kg, as well as among all weight classes. The Federation also pointed out Azerbaijan’s female judoka Aisha Gurbanli (48kg).
The Azerbaijani judo team is considered one of the best in the world. Three Azerbaijani judokas Rustam Orujov, Orkhan Safarov and Elmar Gasimov have topped the International Judo Federation’s world ranking.
The Azerbaijani judokas also showed good performance at the Rio-2016, bringing home two silver medals.
Judo is one of the most developed kinds of sport in Azerbaijan. Next year the country’s capital Baku will host the World Judo Championships 2018 among adults.”

Seisenbacher nella Hall Of Fame Judo
Ma ad ottobre 2016 il colpo di scena e la doccia fredda per il coach viennese: la Procura di Vienna lo accusa formalmente dello stupro di due ragazze appena 14enni all’epoca dei fatti (tra il 1999 e il 2004) e di un altro tentativo non andato a buon fine, nei confronti di una ragazza di 16 anni. La prima delle due ragazze aveva addirittura solo 11 anni allorché nel 1999 Seisenbacher avrebbe iniziato ad abusare di lei, atti poi perpetrati sino al 2001, mentre il secondo caso si riferisce al 2004 ed il tentativo fallito si sarebbe verificato nel 2001 in Croazia durante un periodo di allenamento. Ovviamente, trattandosi di un personaggio di elevata notorietà in Patria, le indagini sono state molto accurate e minuziose, e l’accusa formale è stata mossa solo dopo aver ascoltato le testimonianze di molte sue ex allieve, con conseguente fissazione al dicembre 2016 del relativo processo.
Seisenbacher a quel punto teme di essere arrestato: si sente braccato, una sorta di Rambo Judoka, ma non è in un film. E’ la sua vita. Il 12 novembre 2016 lascia la sua casa di Baku e si rifugia a Ganja, verso il confine con la Georgia. Ha immaginato, come in effetti si è verificherà, che l’Austria stia chiedendo l’intervento dell’Interpol, spiccando il classico mandato di cattura internazionale, vista la pericolosità del soggetto e la gravità delle accuse. Seisenbacher non si presenta all’udienza del suo processo e diventa a tutti gli effetti un ricercato internazionale, per altro per crimini odiosi. Passa il Natale a casa di amici a Tbilisi, dove è riuscito ad entrare attraversando il confine con l’Azerbaijan nascosto dentro un camion: sulla strada che da Ganja porta a Rustavi e poi a Tbilisi c’è solo la frontiera di Gardabani da passare. I poliziotti laggiù fanno poche domande e controlli se offri loro della buona grappa, soprattutto in inverno. Seisenbacher deve fuggire ma è dilaniato dentro di sé: da poco più di un anno frequenta una donna che gli sta per regalare quella che potrebbe essere la sua gioia più grande, un figlio. Infatti la sua fidanzata è incinta e sta per partorire. Non intende lasciarla sola in questo momento topico ma non ha scelta. E’ ufficialmente “Wanted”.

Bernhard Lehofer, l’avvocato di Seisenbacher

L’allenatore austriaco, ormai braccato, ha 3 o 4 possibilità di fuga e le vaglia per bene insieme ai suoi amici e al suo avvocato, il fenomeno Bernard Lehofer col quale comunica attraverso cellulari usa e getta. Potrebbe dirigersi verso l’Iran, ma non ha conoscenze sufficienti in loco. La Russia è esclusa per via di trattati che consentirebbero presto una estradizione. A Occidente verso la Turchia è molto rischioso perché i controlli alla frontiera sono enormi a causa dei flussi migratori. Resta l’Ucraina: la Crimea precisamente dove il disordine politico in quel momento favorisce chi desidera nascondersi. A Febbario 2017 Peter è a Sebastopoli, poi a seguito di controlli rischiosi delle autorità locali, decide di entrare in territorio ufficialmente ucraino (la Crimea intanto si è autoannessa alla Russia). Girovaga tra Oleksandrija, Charkhiv, e infine Kiev. E qui c’è l’ennesimo mistero: chi ha consigliato e forse tradito il coach austriaco? La scelta ucraina da chi gli è stata proposta? Nel Judo ucraino in questo momento c’è una campionessa che farà parlare molto di sé, forse già alle prossime olimpiadi di Tokio. Si tratta di Daria Bilodid, classe 2000, figlia del grande campione Gennady Bilodid, e della allenatrice delle giovani ucraine Svetlana Kutznetsova (omonima della grande tennista russa).

Daria e Gennady Bilodid

Sembra che Seisenbacher avesse preso contatti per collaborare con la Federazione Ucraina, ma più verosimilmente fu vittima (lui che quasi odia questo termine) della macchinazione di chi aveva interesse nel farlo arrestare. Ciò risulterebbe dalle carte in mano agli inquirenti che stanno cercando chi lo aiutò nelle varie fasi della fuga. Infatti nessun emissario mandato dalla federazione ucraina risulta agli atti, mentre ci sarebbe un fantomatico Serhij Korolev col quale Peter Seisenbacher si sarebbe incontrato in alcune occasioni a Odessa prima di approdare a Kiev. Sta di fatto che il 1 agosto 2017, in un pomeriggio tutto sommato caldo per gli standard ucraini, Seisenbacher viene catturato dagli 007 ucraini coadiuvati addirittura da uomini dei servizi segreti americani.

Perché è stata messa in opera questa sovradimensionata caccia all’uomo? Per quale ragione si è scomodata addirittura l’intelligence americana? Chi davvero aveva interesse, oltre lui stesso e i suoi amici a nascondere Seisenbacher? E chi invece aveva l’interesse contrario, cioè che venisse arrestato? Questi sono i misteri che il Tatami non potrà svelare ma che io continuerò a seguire. Nel settembre 2019 Seisenbacher, dopo alcune traversie, viene estradato definitivamente in Austria e il 2 dicembre viene condotto in una aula del tribunale gremita, con i media e suoi sostenitori in prima fila. Un anziano Maestro e funzionario di Judo di lunga data si alza e applaude Seisenbacher. Con un gesto degno di un gerarca nazista il Giudice Christoph Bauer gli fa segno di smetterla. L’imputato si volta e fa il gesto del pollice alto al suo sostenitore. Richiamato anche lui. “Non sono colpevole” dichiara Sesisenbacher “ho allenato centinaia di bambini e ragazzi e nessuno mai ha avuto a che ridire del mio comportamento. C’è un complotto ordito nei miei confronti. Non ho spiegazioni per questo, ma ho un avvocato che se ne sta occupando.”. L’avvocato è Bernhard Lehofer, stimatissimo professionista conosciuto in tutta l’Austria da Graz a Vienna e Salisburgo: “Conosco l’imputato da più di 40 anni e sono fermamente convinto della sua innocenza così come la quasi totalità dei testimoni. Solo le 3 accusatrici sostengono il contrario. Non gli mancavano in alcun modo le donne e la sua storia non ha nulla a che vedere con le accuse che gli vengono mosse. Non è successo assolutamente nulla. Nessuno è stato molestato e tantomeno violato né fisicamente né psicologicamente.” Secondo il procuratore Ursula Schrall-Kropiunig, Seisenbacher avrebbe mosso gravi abusi sessuali nei confronti di minori, in varie occasioni nel 1997, nel 1999 e anche in un campo estivo di Judo nel 2001. Quando arriva il verdetto c’è un silenzio irreale: 5 anni di carcere per l’ex Judoka e campione olimpico. Lui non fa una piega, nessuna emozione traspare. L’avvocato Lehofer preannuncia ricorso. Il mistero si infittisce: chi ha voluto far fuori dalla scena internazionale del Judo il Maestro Sesisenbacher?
Alessandro Zijno