Edoardo Eremin, uno sguardo nuovo sul futuro

Il ritorno alle competizioni internazionali di Edorado Eremin è ormai imminente. In questa intervista il venticinquenne tennista piemontese ci svela i progetti, le speranze, il duro allenamento fatto per rientrare in pista con il team di Galimberti nella sua Academy di San Marino.
Edoardo Eremin nasce ad Acqui terme il 5 ottobre 1993 da papà Igor che sarà il suo primo allenatore e da mamma Paola. Ha un best ranking ottenuto nel 2016 quando ha raggiunto il numero 292 ATP e in questo momento è 463 del mondo. Tale posizione non gli consente di entrare nei tabelloni dei Challenger, e quindi dovrà ripartire da tornei con montepremi più basso, i vecchi Futures, ora tornei del World Tennis Tour. Per chi non lo conoscesse Edoardo ha un fisico molto atletico e potente, possiede un servizio bomba ed è performante da entrambi i lati. Tecnicamente non ha un punto debole e col servizio che si ritrova, quando mette il 70% di prime diventa quasi impossibile brekkarlo anche per chi ha una grande risposta. Non gioca a livello internazionale da dicembre 2018, a causa di un problema al ginocchio che ha curato in questi mesi e che, facendo gli scongiuri, dovrebbe essere superato.


Come sono stati questi mesi lontano dalle competizioni Edoardo?
“Ho vissuto questi mesi in maniera tranquilla, mi sono “chiuso” in palestra a ricostruire il fisico a causa di quei dolori al ginocchio. Grazie ai 3 preparatori che sono nell’Academy di Galimberti, cioè Nicola Ciotti, Luca Fiore e Giacomo Mancini, piano piano ho recuperato la condizione. Loro mi hanno seguito impeccabilmente e mi ritrovo ad aprile con un fisico che non ho mai avuto, e mi sento quasi pronto per competere.”
Quali sono stati gli step della preparazione?
“Ho dovuto ricominciare con calma, prima di tutto rimettermi a posto fisicamente come ti dicevo. Ho perso 13 chili, attraverso una attenzione dell’alimentazione più allenamento e riposo. Molto lavoro in palestra, poi piscina anche per non sovraccaricare il ginocchio, e lavoro di cyclette aerobico. Poi un po’ di mobilità articolare. E’ un mesetto che ho ripreso anche a lavorare sul campo da tennis, sempre con molta cautela perché negli ultimi due anni il ginocchio non mi ha dato tregua ed io ho sbagliato a volte a tentare il rientro troppo presto. Avevo voglia di giocare ma ora ho capito che bisogna dare tempo al tempo, in particolare su questi problemi fisici.”
La programmazione?
“Ovviamente ricomincerò con dei 15mila e dei 25mila, presumibilmente in Italia, e vediamo come va. Se dovesse andare bene sia come sensazioni che come risultati, allora riproverò il livello Challenger. Ora ho solo voglia di sentirmi bene, sono positivo.”


Ragazzi, se Edoardo sta bene fisicamente io credo che possa davvero ambire a traguardi importanti. Abbiamo applaudito in queste settimane e in questi mesi i vari Berrettini, Sonego, ora Travaglia, oltre chiaramente a Fognini, e Eremin solo 2 anni fa giocava alla pari con tutti questi ragazzi. Vedendolo nei video di allenamento si può ammirare una forma atletica smagliante, la perdita di peso è evidente al primo sguardo e questa è una notizia incoraggiante. Edo non ha mai avuto problemi negli spostamenti, anzi per uno del suo fisico si muove bene e rapidamente sul campo, ma è palese che un peso più leggero possa solo aiutarlo in tal senso, oltre a non sforzare troppo le articolazioni. Massa magra e ancora maggiore esplosività, possono diventare le armi vincenti.
Cosa pensi di cambiare rispetto al passato?
“Trovare la continuità che non ho avuto in passato. Ora che fisicamente sto meglio, credo di poter migliorare anche questo aspetto.”
Cosa ti piace della vita di un tennista Pro, e invece quali aspetti sono difficili?

“La vita da professionista è appagante, anche se a volte dura. Ho la fortuna di svegliarmi la mattina e fare ciò che amo, cioè giocare a tennis, allenarmi, piscina, palestra, corsa. E’ la vita dello sportivo a 360 gradi che si alimenta bene, fa in altre parole una vita sana e piacevole sotto moltissimi aspetti. Una vita che chi fa altri mestieri magari non può fare. Tra l’altro facendo i tornei giri il mondo, conosci tante persone, parli altre lingue, allarghi i tuoi orizzonti. C’è tuttavia un rovescio della medaglia: a volte sembra che esistano solo i top 100, e magari chi non arriva a certi livelli può anche sentirsi meno considerato, anche se si allena, vive e combatte come chi è più in alto in classifica. Un esempio tipico è il modo in cui vengono trattati i giocatori nei Futures, o comunque nei 15mila o 25 mila. Non dappertutto è così, sia chiaro, ma in molti tornei la percezione è che i tennisti siano solo polli da spennare. Il business c’è dappertutto, fa parte di questo mondo, ma in alcune occasioni è troppo.”
Ora lavori con Galimberti da un po’ di tempo, dopo anni con Puci e prima ancora con tuo papà. Come si differenzia “Galimba” dagli altri?
“Con Galimba c’è un rapporto che va anche oltre il discorso professionale. E’ davvero molto diretto e ti dice le cose in faccia, non ha paura di confrontarsi in maniera esplicita. Non parla mai alle spalle, ha l’onestà intellettuale di dirti le cose come stanno. In campo poi è un grandissimo allenatore, in Italia credo non ci sia di meglio. Sa darti feedback e allenarti sia a livello tecnico, che atletico e mentale. E poi ha uno staff di primissimo livello.
Galimberti in una precedente intervista mi ha detto che vorrebbe darti una precisa identità di gioco. Credi di averla adesso?
“Credo di averla trovata e sto trovando il coraggio di fare quel che mi dice Galimba. In effetti non sono un giocatore da lunghi scambi. Devo scoppiare la palla, essere aggressivo per primo, prendermi qualche punto a rete e farne tanti direttamente col servizio.”
Vita privata. Un tennista è prima un uomo, poi un atleta. Io credo sia molto importante avere una stabilità e una serenità fuori dal campo. Che ne pensi?
“La serenità conta più di tutto davvero. Per me che tendo ad essere una persona emotiva è fondamentale. Ora mi sento in pace e felice con me stesso. Sono sereno dentro e questa è una novità che mi porto anche nel campo.”
Del team di lavoro che mi dici?
“C’è Coach Galimberti, poi c’è Toni Lo Paro, Massimo Bacilieri che sono Maestri e Andrea Merlino che è Istruttore. Con me si allenano Federico Bertuccioli, Andrea Picchione, Giulio Colacioppo e altri.”
Su cosa vi state concentrando dal punto di vista tecnico?
“In particolare sul servizio, provando un po’ tutte le variabili. Sulla T da destra, piuttosto che il Kick, e tutte le soluzioni che mi serviranno in corso delle partite. Per il mio tipo di gioco il servizio deve diventare un fattore e infatti troverò il modo di aumentare le percentuali di prima, ci sto lavorando. Si tratta di implementare le variazioni, di “sentirle” e farle mie, in modo da ritrovarle in partita quando servono. In base all’avversario, alle sue caratteristiche, bisogna di volta in volta trovare le soluzioni giuste, le partite di vincono spesso per scelte corrette fatte in tal senso. Sedute di questo tipo tecnico, 4 o 5 volte a settimana, mi stanno facendo cresce e prendere fiducia. Per il resto gli esercizi sono indirizzati verso la ricerca dei primi colpi subito aggressivi per comandare lo scambio. Fin dalla risposta aggressivo e determinato.”


Delle nuove classifiche e regole imposte dalla federazione Internazionale che ne pensi?
“Penso che bastasse fare delle modifiche piccole, non questa rivoluzione. Potevano limitarsi ad aumentare il tabellone dei Challenger da 32 a 48, magari mettere le qualifiche a 16, certo tutto questo mortifica solo gli sforzi di tantissimi ragazzi e diventa quasi un terno al lotto riuscire a farcela. E’ avvilente per molti ragazzi spendere una barca di soldi, allenarsi come matti, sognare, sperare, e poi non riuscire nemmeno a competere!”
Da sempre indossi Hydrogen, di cui sei un testimonial storico.
Hydrogen sta crescendo molto e non è un caso. Ogni giorno qualcuno mi chiede informazioni sul “teschio”, il marchio simbolico. Il creatore di tutto questo, Alberto Bresci, è una persona spontanea e molto diretta, con il quale ho un fantastico rapporto basato sulla fiducia e simpatia reciproche. Qualità dei materiali, il design, uno stile unico, accattivante e moderno, sono tutte cose che una persona vede subito. Basta toccare con mano i tessuti, sia quelli tecnici che gli altri, e sono di un altro livello rispetto ai competitor. Nessun altro brand ha queste caratteristiche.”
Alessandro Zijno