Jason Kubler, impossible is nothing

Jason Kubler: australiano, 25 anni, 114 ATP
Sviluppo Potenziale: (50% del potenziale, fenomeno finora fermato solo dagli infortuni)

Jason Kubler è un tennista australiano che nel 2010 è stato il numero 1 del mondo a livello Juniores, ed era considerato un predestinato prima che le ginocchia facessero crack per problemi purtroppo congeniti. E’ un tennista completo, tecnicamente fortissimo con numerose armi in bagaglio, mentalmente tutto sommato reso più forte dai numerosi infortuni e operazioni continue. Può entrare nei primi dieci del mondo, così come ritirarsi da un momento all’altro se dovesse avere l’ennesimo problema fisico. Il 2019 sarà un anno decisivo, visto che per la prima volta in carriera nel 2018 è riuscito a fare una stagione intera e infatti è arrivato il best ranking al numero 91.
La Scheda
Destrimane con rovescio a due mani da ragazzino era considerato la risposta australiana a Rafa Nadal, in realtà con differenze davvero notevoli da rendere il paragone non solo azzardato ma proprio fantasioso. La palla in effetti è assai pesante e tatticamente Kubler sa gestire bene gli scambi con intelligenza, però fisicamente non c’è paragone a vantaggio dello spagnolo, i gesti tecnici sono molto diversi come esecuzione e l’australiano a rete ci viene molto volentieri. Il gioco al volo è forse il suo punto di forza, aumentato da una buona strategia fatta di accelerazioni improvvise di diritto e anche un buon back lungo di rovescio che rimbalza bassissimo e che lo agevola nel venire a rete. Molti sono gli unforced nelle numerose partite che ho seguito di Jason eppure parecchie di queste partite gliele ho viste vincere, il che depone a suo favore. Il perché è presto detto: i vincenti sono davvero tanti e una dote particolare è che anche dopo un paio di errori gratuiti l’australiano non è tipo da sciogliere o buttarsi giù, ma continua a fare il suo gioco. Un insospettabile fighter. Senza dubbio mi è sembrato quasi sempre poco esplosivo nelle gambe e il gioco di difesa ne risente parecchio. Ho attribuito questo alle sue ginocchia malandate che non gli permettono di forzare nemmeno in allenamento. Non è solo un problema di rinforzare i quadricipiti, parliamo di problemi congeniti alle articolazioni. 10 operazioni negli ultimi 5 anni, ho detto tutto.

Le Dichiarazioni.
”Ho perso mio padre a 8 anni, per un cancro. Quella è stata la mia vera e più grande sofferenza. Ho capito presto che la mia vita sarebbe stata in salita, con sfide al limite del dramma. Il tennis però fin dall’inizio è stato un successo, vincevo tanto, mi piaceva allenarmi e l’ho sempre preso come un divertimento. Giocavo in modo così naturale che non sentivo né la stanchezza né la pressione. Poi da Juniores ho capito che potevo fare il professionista, anche se a 14 anni mi ero già infortunato gravemente al ginocchio. A Traralgon in Australia, proprio dove 10 anni dopo ho vinto il mio primo Challenger. Vincere sul cemento e proprio lì mi ha fatto scattare una molla, come dire: allora posso farcela. Avevo già vinto un Challenger nel 2014 a Sibiu su terra rossa. Ad un certo punto i medici mi dissero che non avrei più potuto calcare terreni duri, le mie articolazioni non avrebbero resistito. Per anni mi sono allenato solo su terra, e sinceramente credevo che non avrei mai potuto riprendere a certi livelli. La mia testa diceva questo, il mio cuore però non ci stava. Nel 2016 ero fuori dai primi 1000 del mondo, avevo entrambe le ginocchia a pezzi, e quando mi allenavo avevo dolori dappertutto. In più non avevo abbastanza soldi per poter pensare ad un progetto a lungo termine. Cosa dovevo pensare? Chiunque avrebbe mollato questo sogno e avrebbe optato per il piano B. Potevo fare molte cose, anche nell’ambiente, visto che non ero uno sconosciuto. Il tennis tuttavia scorre nelle mie vene. Questo è ciò che voglio dire a tutti quei giocatori che vogliono mollare per vari motivi: credete in voi stessi, solo voi potete farlo al massimo. E circondatevi di gente ottimista intorno. Io non avevo coach al seguito quando giravo i tornei europei sulla terra, e Sally Mathison, la mia fidanzata, era l’unica persona che davvero mi dava la carica. E’ una persona così positiva che anche quando nessuno credeva in me lei continuava ad incitarmi. Ora sono di nuovo a giocarmi le mie carte ed ho fiducia. Non so dove posso arrivare ma voglio godermi la strada.”


La Storia
Jason Kubler nasce nel Queensland, a Brisbane in Australia da mamma Lyn e papà John e comincia a giocare a tennis a 5 anni, portato al tennis club da suo padre, che viene a mancare quando il piccolo Jason ha solo 8 anni. Jason Kubler è fortissimo fin da piccolo, diventa il secondo giocatore dopo Nadal a vincere tutte le partite disputate nella World Youth Cup e nella Coppa Davis dei più giovani. Diventa anche numero 1 del mondo di categoria nel 2010. Mentre gioca da Junior frequenta anche i tornei professionistici dei grandi, esordendo addirittura nel 2008. Il primo Futures viene vinto nel 2011 e accade sulla terra americana, dove Jason è costretto a giocare per i problemi alle ginocchia. Per anni, dal 2011 al 2017, gioca praticamente solo su terra evitando il cemento e i terreni duri che forse sarebbero più adatti per le sue caratteristiche di gioco. Nel frattempo si opera innumerevoli volte, sempre alle ginocchia davvero martoriate, e dopo ogni operazioni torna comunque a mostrare un ottimo tennis. La svolta nel 2017 con la vittoria a Traralgon, seguita nel 2018 con i successi nei Challenger di Playford e Winnipeg. La vera soddisfazione è che il 2018 è stata la prima stagione in cui i malanni di Jason Kubler sembrano scomparsi: forse una prevenzione azzeccata, forse finalmente la buona sorte. Nello Slam australiano potrebbe dire la sua, la classifica potrebbe non sorridere all’inizio del 2019 perché ha molti punti da difendere fin dall’inizio della stagione, ma se entra nei tabelloni dei tornei ATP per me può solo crescere. Curiosamente il suo nome Jason, è la forma maschile inglese dell’italiano Giasone, che deriva dal greco “iaomai”, il cui significato è GUARIRE. La forza Jason ce l’hai nel nome, dai che puoi farcela.
Alessandro Zijno