Jared Donaldson, americano atipico

Jared Donaldson: statunitense, 22 anni, 111 ATP
Sviluppo Potenziale: (80% del potenziale, completo ed adattabile)

Jared Donaldson ha un best ranking piazzato al numero 48 della classifica mondiale ottenuto a Marzo 2018, poi qualche piccola incertezza nelle prestazioni fino all’infortunio patito al ginocchio in Canada ad agosto. Da lì in poi non ha più giocato, ha dichiarato però di essere in ripresa per l’inizio della stagione 2019. Prodotto atipico del tennis americano, Jared può ambire ad una carriera da top 100 stabile, con qualche puntata nella top 50. Se starà bene e rientrerà in forma, potrebbe stupire fin da subito tornando ai livelli che gli competono. Cemento, terra o erba, per lui non cambia.
La Scheda
Destrimane con rovescio a due mani, alto 188 cm con un peso forma di circa 75 chili, Jared Donaldson è un americano come se ne vedono pochi: rispetto ad altri connazionali non si è realmente formato alla scuola statunitense ma il suo papà, che ne è il “creatore”, lo ha plasmato per un tennis più europeo, votato al contrattacco dopo qualche scambio e non all’uno-due servizio-diritto. Infatti forse è dal lato del rovescio che Jared definisce meglio le traiettorie anche se comunque non ha lati deboli ed è abbastanza completo come bagaglio tecnico. Mancando il colpo killer è meno appariscente di altri ma le partite le vince e anche se ha solo 22 anni ha già molta esperienza. Si adatta a tutte le superfici, e sulla terra è tra i migliori del suo Paese, anche perché tra il 2014 e il 2016 ha deciso di allenarsi in Argentina proprio per sviluppare tempi e spazi di gioco sul rosso.


Le Dichiarazioni.
“Il 2017 è stato il mio anno migliore, sono riuscito ad esprimere il tennis che mi piace, fatto di lotta, sudore, e accelerazioni improvvise. Forse sono stato anche avvantaggiato dal fatto di essere meno conosciuto da alcuni ragazzi del circuito. Ora l’effetto sorpresa è svanito, gli avversari pensavano di trovarsi di fronte il solito americano tutto servizio e diritto, ma adesso mi conoscono bene e sanno come affrontarmi. Per questo con il mio nuovo allenatore Gambill stiamo provando a cercare nuove soluzioni. Anche con Taylor Dent e suo padre abbiamo lavorato tanto sul servizio ad esempio, per renderlo più vario e difficile da controllare. La potenza non è proprio il mio forte, però mi sto impegnando per migliorare giorno per giorno. Ora sto riprendendo dopo l’infortunio, il lavoro continua. Ringrazierò sempre mio padre Courtney e tutta la mia famiglia per avermi messo a disposizione ogni risorsa per coronare il mio sogno di bambino. I due anni in Argentina sono stati decisivi per la mia crescita, abitavamo nella periferia di Buenos Aires e mi sono allenato all’Academy di Pablo Bianchi, un allenatore argentino davvero fenomenale. Mi piaceva tutto dello stato sudamericano, c’è un ambiente molto caloroso e mi hanno fatto sentire a casa fin da subito. Ho studiato on line ed è stato faticoso perché mi allenavo due volte al giorno per un totale di almeno 6 ore tra tecnica ed atletica. In Argentina ho potuto imparare lo spagnolo, conoscere la cucina locale con grigliate che non hanno nulla da invidiare a quelle americane e mi gustavo anche un caffè molto buono. Ora che il mio top spin, mi manca solo di tornare nella mia migliore forma fisica e conto di rientrare nei tornei ATP al più presto, spero già in Australia.”
La Storia
Jared Donaldson nasce a Providence, Rhodes Island, il 9 ottobre 1996 e non ha avuto una carriera Juniores di altissimo livello, cominciando fin dai 16 anni a giocare tra i “grandi”. Proprio appena compiuti i 16 anni, nel 2012, ha ottenuto i primi punti ATP nel suo primissimo torneo, in Venezuela, partendo dalle qualificazioni e giungendo ai quarti di finale. L’anno successivo il primo scalpo importante, l’ucraino Ilya Marchenko battuto nel secondo turno di quali degli US Open dove era in tabellone con una WC. Crescita costante nel 2014 e nel 2015 con 3 futures e 1 Challenger conquistati. Il Challenger di Maui nel 2015 resta comunque l’ultimo torneo vinto da Donaldson che ha sempre cercato una programmazione ardita, fatta di numerosi ATP. Questa è la sua filosofia: se posso entrare in quali ATP vado, bypassando i Challenger. Ora è ovvio che fuori dai 100 qualche torneo Challenger, magari negli USA o in Australia, dovrà pur farlo per puntellare la classifica e mettere più partite nelle gambe. Il 2018 prima dell’infortunio era comunque stato un anno con più ombre che luci sul piano dei risultati, considerando le sue ambizioni da top player. Anche se, c’è da dirlo, ha combattuto in tutti i tornei con molto ardore, ad esempio perdendo due volte da TSITSIPAS nel set decisivo, o 10-8 al quinto da Dimitrov al Roland Garros.
Alessandro Zijno