Alberto Castellani:” In Messico, a Merida, inseguo il mio sogno”

Intervista al Maestro di tennis e di vita perugino che sottolinea l’importanza della metodologia d’allenamento per sfornare campioni.

Siamo a Perugia, in occasione del Challenger Blue Panorama Airlines Tennis Cup, quando di mattina presto entriamo nel circolo TC Perugia che ospita il prestigioso torneo e sentiamo il rumore delle palline colpite dalle racchette e una voce che canta. Incuriositi ci avviciniamo e osserviamo e ascoltiamo un bel signore col cappellino cantare mentre due ragazzoni “scambiano” sul campo da tennis, cercando di attenersi al ritmo del loro mentore. I due ragazzi in questione sono Nikola Cacic, 25enne serbo, attualmente numero 761 del mondo ma ex 281 e Laslo Djere, serbo anche lui, 21 anni e numero 203 del mondo. Ci fermiamo ipnotizzati, Alberto ci nota e si rende disponibile, alla fine dell’allenamento, a rispondere alle nostre domande indotte da un allenamento tanto particolare quanto affascinante. Così come si rivelerà affascinante parimenti l’incontro con un uomo davvero speciale, che dà fiducia al prossimo e che ha speso una vita per migliorare il tennis e, diciamolo sottovoce sennò si arrabbia, anche un po’ per rendere questo mondo un posto migliore, grazie alla sua umanità e saggezza.
Alberto, che tipo di allenamento stai facendo con questi ragazzi?
Laslo e Nikola hanno grandi potenzialità e come vedi si concedono completamente altrimenti sarebbe impossibile lavorare, loro hanno grandi motivazioni e sono ragazzi in gamba. Con Laslo (Djere ndr) stiamo cercando di implementare il gioco al volo, lui ha già un gran bel ritmo e buoni fondamentali ma deve riuscire ad esprimerli in tutti i tornei e in tutti gli incontri in maniera più continuativa. Entrerà nei 100 ne sono sicuro, molto presto se continua così. Con Nikola (Cacic ndr) lavoriamo su tutto ma in particolar modo lui deve ritrovare le sensazioni giuste per recuperare anche in classifica, e mi pare proprio ci stia riuscendo”

Ma tu, Alberto, che obiettivi hai?
Ho raggiunto tanti obiettivi in passato, ma me ne pongo sempre di nuovi. Nel 2010 ad esempio ho fondato insieme a Dirk Hordorff la Global Professional Tennis Coach Association, di cui vado assai fiero, che annovera coach del livello di Toni Nadal, di Mouratoglu, Lari Passos, Claudio Pistolesi. È l’unica associazione di coaches riconosciuta dall’ATP. Organizziamo corsi che a 360 gradi aprono uno sguardo e formiamo i futuri coaches.
E quali caratteristiche deve avere un coach per definirsi tale?
L’empatia. Deve scattare qualcosa tra il maestro e l’atleta, se c’è l’empatia siamo già a buon punto. I più forti girano il circuito con uno staff completo, dal fisio al tecnico, passando per il preparatore mentale e quello fisico. I meno fortunati o i meno abbienti, perché queste figure costano, girano con un coach solo, quando se lo possono permettere. E quindi questa unica figura deve incarnare tutte le altre: deve saper curare l’aspetto tecnico, tattico, atletico e mentale. Se esiste un canale di comunicazione privilegiato con l’atleta si può fare, altrimenti si rischia il black out.
Alberto, adesso gestisci un accademia a Merida, in Messico, ce ne parli?
Sì, è un mio progetto, è sostenuto dal Credito Real, tanto che l’accademia ha preso proprio il loro nome, si trova a Merida, con un clima paradisiaco, fa sempre la temperatura giusta senza troppa umidità, nell Yucatan in una zona molto tranquilla di un paese effettivamente pieno di contraddizione. Da noi non solo si respira tennis, ma si cresce come atleti e come uomini. Ci sono campi sia in cemento sia in terra battuta, una palestra di ottimo livello, sauna, vasca per la crioterapia e una foresteria attrezzata.
Come funziona una giornata tipo?
Beh, dipende da molti fattori, anche dipende se stiamo in pre-season o in stagione piena, se i ragazzi stanno studiando o meno, da varie cose. Chi sta fisso qui in Accademia ci vive anche studiando, perché non facciamo abbandonare la scuola ma anzi studiano e ci sono esami interni, altri vengono magari per qualche settimana e quindi la preparazione è diversa. In linea generale con i miei coach abbiamo organizzato la giornata con la sveglia presto intorno alle 7, perché alle 8 si comincia col warm up. Poi 2 ore tecnico tattiche e un’ora di atletica. Poi si pranza, un altro paio di ore di tennis, un’altra ora di preparazione fisica, e se non ci sono lezioni teoriche ci si riposa dopo cena.
Chi è venuto tra i giocatori ATP nella tua accademia?
Un sacco, sicuramente me ne dimentico qualcuno, Safwat, Dzumhur, Grigelis, appunto Cacic, poi Patino e Gomez, 2 messicani interessanti. C’è qualche tennista allenato in passato che potrebbe essere da modello per questi giovani?
Adrian Voinea e Rainer Schuttler su tutti, 2 ragazzi con delle motivazioni incredibili, tanta umiltà e intelligenza. L’umiltà deve essere l’esempio, noi tutti che lavoriamo nel tennis dobbiamo mostrare tanta umiltà, perché si insegna così, mostrando la propria.
Come è cambiato l’allenamento nel corso degli anni?
Il tennis è sempre stato un sport prettamente mentale, ma oggi, che i valori tra gli atleti sono molto vicini, ancora di più è fondamentale riuscire a giocare al massimo delle proprie potenzialità. E alcuni sono ancora carenti in questo. Perciò oltre agli aspetti tecnici (come il lavoro sulle volèè che hai visto con Djere) curiamo molto quelli mentali, con tecniche specifiche basate sulla visualizzazione attraverso la quale ricreare il giusto movimento. Si sfrutta l’effetto Carpenter, cioè attraverso un pensiero si genera una azione, che diventa reale a tutti gli effetti. E’ involontaria, e per un tennista, che a livello tecnico ha già cristallizzato i movimenti facendoli milioni di volte, questo può essere un grande vantaggio, perché sarebbe come giocare sotto ipnosi, facendo i movimenti giusti senza fatica o sofferenza.
[In sostanza, aggiungiamo noi, si tratta di provare a trovare quello stato di flow in cui ogni atleta almeno una volta nella vita è entrato, in cui gioca il suo tennis migliore che sembra venire da dentro.]
Ce ne parli meglio?
Beh, dovendo semplificare potremmo dire che attraverso la visualizzazione, ed esercizi specifici, stiamo alla ricerca del colpo perfetto, quello che ogni tennista ha sperimentato, che “sente”, che “percepisce” come tale e che noi chiamiamo colpo prassico, dal latino praxis, pratica nel senso di “fare. L’atleta si concentra e attraverso delle tecniche di visualizzazione e attraverso diversi canali (visivi, uditivi e propriocettivi) riesce poi a riprodurre questo colpo quando lo desidera o sente di averlo perso, anche usando delle parole rafforzative come Yes. Comunque quando hai visto Djere e Cacic sdraiati e concentrati stavano facendo questo.
Utilizzi anche la musica vero? Ti abbiamo sentito cantare prima
Certo la musica è fondamentale per ogni espressione umana e l’espressione attraverso il corpo, come quella dello sportivo, si è sempre nutrita della musica. Il metodo del “Tennis on the beat”, creato e perfezionato dal mio amico Fabio Valentini è di grande aiuto. Usiamo il metronomo, e seguendo il ritmo i ragazzi devo trovare una loro velocità di crociera e poterla eventualmente aumentare. Anzi migliorano tutti.
Quale è il tuo sogno nel cassetto?
Da poco abbiamo fatto dei corsi a dei maestri cubani per formarli, perché lì hanno difficoltà persino a spendere 100 dollari, lo abbiamo fatto gratuitamente, alcuni verranno in Accademia ad imparare ancora per poi insegnare, l’Accademia è la meno costosa al mondo ma di enorme livello, si parte da 400 euro a settimana, all inclusive, il mio sogno alla fine è far sì che tutti possano giocare a tennis, o comunque esprimersi nello sport per crescere come uomini con valori orientati verso la correttezza e l’onestà.
Ringraziamo il Maestro Alberto Castellani, che potremmo definire un innovatore nel solco della tradizione, visto che storicamente è uno dei più conosciuti e apprezzati coach italiani a livello internazionale e che moltissimi campioni sono passati tra le sue mani, non ultimo uno di cui forse avete sentito parlare, un serbo giovanissimo e magro. Si chiamava Novak Djokovic.

Alessandro Zijno.

Intervista realizzata nell’agosto 2016 per Ubitennis.com