La svizzera Susan Bandecchi, infiniti orizzonti

Nel 2016 a Mestre incontro Laura Golarsa per una breve intervista. Tra i vari nomi dei suoi assistiti mi fa quello di una giovanissima svizzera di nome Susan Bandecchi. Io non la conoscevo e mi andai a vedere il suo profilo sul sito ITF. Aveva avuto qualche buon risultato da Junior, non molto di più. Però ho cominciato a seguirla perché Laura mi aveva confidato che vedeva in lei una ragazza con la giusta determinazione e umiltà: in effetti nel 2017 ha vinto il suo primo titolo in singolare a Sion in casa ed entrando in top 600 WTA. Quest’anno grandissima conferma con uno scalpo eccellente come la Smitkova ex numero 57 del mondo, e pochi giorni fa vittoria conto la giapponese Imanishi ex top 200. Mi ha molto incuriosito la sua scelta di andare in Giappone per due tornei e ho pensato di contattarla, trovandomi a dialogare con una ragazza che si esprime con una grandissima proprietà di linguaggio, con idee chiare, molto disponibile e con spiccata intelligenza emotiva. Insomma una tosta e molto simpatica, una di quelle con cui ogni appassionato vorrebbe allenarsi e condividere il campo di gioco per poi fermarsi a chiacchierare di mille cose. Ecco a voi Susan Bandecchi, 20 anni, dal Canton Ticino al Giappone senza paura.


Ciao Susan, Laura Golarsa la direttrice dell’Accademia dove ti alleni mi ha parlato di grandi motivazioni da parte tua.
“Considera che fin da piccolissima ho amato il tennis, dalla prima volta che lo vidi in tv. Mio padre stava guardando una partita e io mi innamorai pazzamente di questo sport, i miei genitori non erano tennisti né frequentavano l’ambiente, ma io insistetti e alla fine mi hanno portato al circolo della mia città, al tennis Agno verso i 5 anni. Da lì non ho più smesso, posso avere alti e bassi in partita, a volte mi arrabbio (sempre meno ndr) ma il mio focus sul tennis è al 110%.”
Partiamo da questa esperienza in Giappone, due settimane con buoni risultati e una bella esperienza, vero?
“L’esperienza te la regala la diversità del mondo giapponese rispetto al nostro. Questo nel tennis e nella vita è molto importante. Dal cibo, all’organizzazione, alla cultura, tutto è differente rispetto a noi. Per farti un esempio a colazione in Giappone mangiano riso e pesce, per fortuna io avevo scelta e potevo decidere diversamente, ma è determinante riuscire ad entrare nelle abitudini degli altri paesi se vuoi fare il tennista professionista. Mi ha colpito molto l’estrema puntualità di treni e bus, spaccano il minuto più di noi svizzeri. Le persone danno un grande significato alla parola educazione, tutti ti salutano, ti dicono grazie per ogni cosa, e ti parlano amorevolmente in giapponese anche se non conosci una parola della loro lingua. Sempre col sorriso però. Riguardo ai tornei devo dire che ci tengono moltissimo alla perfetta organizzazione e per farti capire hanno messo in piedi due players party (la festa riservata alle giocatrici, in genere il martedì dei tornei) addirittura con i fuochi d’artificio facendoci sentire importanti. Le giapponesi erano tutte elegantissime, ci tenevano molto, ti fanno sentire molto a tuo agio. A dirti il vero all’inizio ero spaventata, prima di organizzare la partenza intendo. Temevo la lontananza da casa, sai così lontano da sola per tre settimane. Poi visto il costo non indifferente avevo paura che se avessi perso al primo turno sarebbe stata una esperienza costosa e deprimente. Tempo e soldi buttati, questo mi spaventava. Invece hanno avuto ragione quelli che mi hanno spinto, per primi i miei genitori che sono due persone fantastiche. In campo poi la paura è svanita. Come arricchimento generale sono davvero contenta di aver conosciuto il Giappone, ed è una esperienza questa che non dimenticherò mai. Riguardo al mio tennis mi sono resa conto di poter competere ad un buon livello, e ciò mi ha regalato fiducia e consapevolezza. Ultimamente sto trovando più fiducia in me stessa.”


Che giocatrice è Susan Bandecchi?
“Da quando sto in Accademia a Milano, circa 4 anni, sono cresciuta tantissimo, sotto tutti i punti di vista. Lei mi allena direttamente da un paio di anni, e ho fatto progressi ancora maggiori. Sento di essere sulla strada giusta per migliorare ancora. Il servizio e il diritto restano i miei colpi con cui mi apro il campo e costruisco il punto, del resto sono una attaccante di natura ed anche per caratteristiche non amo molto difendere. Ma il tennis è un gioco totale, e sto lavorando molto anche sul piano atletico per arrivare a riprendere tutte le palle e contrattaccare quando possibile. Non si finisce mai di “sentire” emozioni nuove e riportarle in gara.”
Vi state concentrando su qualche dettaglio in particolare?
“Tecnicamente il lavoro grosso lo abbiamo fatto due anni fa. Sicuramente come sai si lavora su tutto, non puoi certo tralasciare nessun fondamentale, e in più ora sto facendo molti tornei ma quando abbiamo un po’ più di tempo lo dedichiamo su schemi per guadagnare la rete e poi giocare schiaffo al volo o volee. Grande lavoro lo sto anche facendo sull’aspetto mentale. Ai nostri livelli basta poco per vincere o perdere una partita, tutte sono bravissime, sempre più trovi ragazze agguerrite anche sul piano atletico, nessuna regala niente, e il saper gestire le emozioni prima, durante e dopo il match diventa quello che fa pendere la bilancia dalla tua parte o dalla parte della tua avversaria. Per questo sto seguendo un percorso con uno psicologo dello sport e abbiamo fatto molti progressi insieme. Gli “up and down” nel corso di un match o di un periodo ci saranno sempre, ma stiamo lavorando per renderli meno frequenti e di durata inferiore, così da mantenere un livello medio alto di rendimento. Per farti capire ormai il mio rovescio a livello tecnico è buono, eppure nei momenti difficili di un match diventa di nuovo meno sicuro. Questo è dato dalla tensione, da una difficoltà emotiva del momento che devo imparare a gestire. Fa parte del mestiere.”


Obiettivi a medio termine?
Entro fine anno vorrei entrare in top 500, probabilmente posso farcela già con i punti ottenuti in Giappone, ho fatto in entrambi i tornei quarti di finale. Ora devo confermarmi. A livello di gioco sento di valere forse anche qualcosina di più, ma questo è uno sport dove non bastano i colpi e le skills tecniche. Un tennista è composto di mille elementi come un puzzle, e tutti i tasselli devono stare al loro posto. Ci sono ragazze che hanno diritto, rovescio e servizi pazzeschi ma magari entrano in campo e non riescono ad esprimersi. Altre che avrebbero potenzialità ma magari non curano alimentazione, o allenamento atletico. Altre ancora che invece hanno meno qualità ma riescono a vincere le partite. Conta l’hardware che hai ma anche poi c’è un software che lo fa funzionare.”


Mentre parli con questa ragazza ti rendi conto del perché Laura Golarsa ci punti molto. E’ davvero molto intelligente, un tipo di intelligenza che è assolutamente di tipo emotivo. Lei sostiene di non essere stata bravissima in matematica a scuola, ma sa far bene di conto quando si parla di emozioni, comunicazione. Ha le pause giuste, il sorriso vero, gli occhi che esprimono sincerità, capacità di soffrire durante un discorso che la ferisce, ma anche di gioire un istante dopo per qualcosa che la diverte. Fa la tennista professionista, ma potrebbe tranquillamente scrivere un romanzo o presentare una manifestazione. Possiede anche una timidezza che è propria di tutti i più grandi artisti del pianeta. Andatevi a vedere il film per bambini “inside out”. E’ un cartone in cui nella cabina di comando di una ragazzina che gioca ad hockey, cioè la sede delle emozioni (la possiamo collocare nel cuore o nel cervello se vogliamo, poco cambia) le palline di “rabbia, paura, gioia, disgusto e tristezza) viaggiano e schizzano da una parte all’altra. Un po’ Susan mi ricorda quella bimba, si giocherà il suo futuro sulla gestione di queste maledette e benedette palline delle emozioni che sembrano incontrollabili e invece arriva il giorno in cui le utilizzi per bene e le metti in fila: con la determinazione che la caratterizza Susan può farcela. L’altro scoglio può essere quello di mantenere una condizione fisica non solo eccellente, ma migliorala rendendola eccezionale. Deve in altre parole diventare una ragazza capace di difendere come dal recupero di ogni singola palla si decidesse la sua stessa vita: la caparbietà ce l’ha, ora deve crederci e trovare le gambe.
Hai un modello a cui ti ispiri? E quanto ti senti svizzera?
“Mi sento svizzera al 100%, parlo italiano per carità, mio nonno è di origine toscana, come il mio cognome suggerisce, ma sono nata e cresciuta a Lugano. Laura dice che come tipo di gioco posso somigliare alla Pennetta, e la cosa mi fa piacere ovviamente. Come idolo però ho Roger.”
Esiste l’amicizia nel circuito?
“Certo, ho parecchie amiche a cominciare da Arlinda Rushiti: ci siamo allenate insieme per due anni e abbiamo anche vissuto assieme a Milano. Poi mi sento spesso con Verena Meliss o con Maria Vittoria Viviani. Con Kim Fontana (ferma da un po’ per un problema alla spalla ndr) poi siamo cresciute insieme a Lugano, e siamo molto legate.”
Programmazione per seguirti? E superficie preferita?
“Farò ora una pausa di tornei per una decina di giorni. Poi vorrei fare o Minsk o Inghilterra, devo decidere. E’ ancora tutto da vedere, non ci sono tanti tornei a novembre, bisogna ragionarci su. Poi a gennaio farò 4 settimane di preparazione e si ricomincia a girare. La superficie preferita è la più veloce che esiste, più è veloce meglio è. Quindi carpet, o comunque più cemento che terra. Fermo restando che mi piace giocare dappertutto.”

L’energia che trasmette questa ragazza è fenomenale. Per chi non la conosce basta cercare su youtube i suoi video, o anche le interviste fatte per la tv ticinese ad esempio. Ha tutto per diventare una campionessa, e probabilmente lo è già fuori dal campo.
Alessandro Zijno