La mia verità sul caso Alekseenko

Come premessa allego una testimonianza. Ero in un bed and breakfast durante un Challenger in Italia quando mi trovo davanti un tizio che mi dice: “questo te lo manda un amico”. E’ un foglio, scritto a mano, che leggo, trasecolo, poi lo copio su un vecchio pc e lo butto. Leggetelo e poi mi dite.
“Nella mia carriera fino ad oggi ho raggiunto il mio best ranking al numero XXX ATP (Omissis), ho perso molte partite che avrei potuto vincere e guadagnato quasi nulla. Anzi nulla. Compirò XXX (Omissis) anni tra pochi mesi e mi sono posto un obiettivo: incassare un milione di euro nei prossimi due anni, pur rimanendo un giocatore di seconda fascia. Ho conosciuto molti ragazzi come me, del mio stesso livello tecnico o atletico: vanno giù di morale se a 23 anni non sono top 100. A me scalare il ranking non interessa più: non può interessarmi se voglio guadagnare bene. E sapete cosa voglio dire a questi ragazzi? Non seguitemi, potreste farvi male. Molto male. Ero in macchina quando il cellulare squillò e XXX(Omissis), un tennista di vecchio pelo, che conoscevo da tempo, mi chiamò per sapere se potevo allenarmi un po’ con lui: non avevo fatto la benchè minima preparazione invernale per la stagione, non prendevo la racchetta in mano da prima di Natale, avevo sostanzialmente deciso di farla finita col tennis. Però mi garbava l’idea di cambiare aria, e XXX (Omissis) mi piaceva un sacco, era uno che non si prendeva troppo sul serio anche se aveva un servizio e un rovescio da top player. Veleggiava intorno alla XXXesima posizione mondiale ed era anche lui sul punto di smettere: si dava ancora un anno e poi se non saliva, stop. Mi aveva chiamato per allenare la risposta, visto che me la cavo al servizio e XXX (OMISSIS), e anche per mettere in sesto alcuni colpi su cui stava lavorando. E poi gli ero simpatico. Mi fermai a casa sua per una quindicina di giorni, che forse restano i più belli e spensierati della mia vita. Non chiedevo nulla alle mie giornate ed anche se stavamo dieci ore sul campo da tennis indoor mi sentivo felice di collaborare alla riuscita del suo progetto tennistico. I giorni passavano e il suo e il mio morale erano alle stelle. XXX (OMISSS) sarebbe dovuto partire da lì a poco per fare 3 settimane in XXX (OMISSIS) e mi propose di accompagnarlo. Avrei tentato le qualificazioni, visto che non avevo più la classifica per accedere al tabellone principale. Non avevo soldi però, né per il biglietto aereo né per il soggiorno. Come fare? La mia ingenuità fu rotta in quel preciso momento in cui XXX mi disse: “come fanno tutti, se entri in tabellone ti metto in contatto con gente che ti farà amare la nazione XXX. Si tratta di giocare e di perdere. E’ una figata, amico mio, sono le partite in cui giochi meglio quelle. Ti entra di tutto, perché giochi sciolto, però già sai che non devi vincere. Fai qualche unforced e ti sistemi il conto. A volte l’avversario non lo sa nemmeno, lo vedi che esulta e ti viene da ridere.” Non vivo sulla luna, avevo visto partite strane, sapevo più o meno cosa succedeva in alcuni match, ma mi ero sempre tenuto alla larga da situazioni che mi apparivano scorrette e sconvenienti. Una sera, prima di partire, XXX mi vide dubbioso, pensieroso e insistette: “ehy, cos’hai? Non te la senti più? Ora devi venire, ho anticipato le spese, ci conto. E poi ci divertiremo dai, senza pressioni! Anche a me rompe il cazzo di giocare a tennis, non mi ricordo l’ultima volta che mi sono divertito davvero, ma ci facciamo due soldi e poi Dio provvede.”. Capii che ero ad un “point of no return”, o entravo nel sistema o ne restavo fuori definitivamente. Alla fine optai per una scelta di mezzo. In XXX si frequentava un gruppo di manipolatori di partite di origine russa: chiesi al mio amico se potevo starne fuori, lui mi avrebbe detto cosa dovevo fare e io l’avrei fatto. Ma volevo che le tre settimane finissero il più presto possibile. Non volevo guai, e di guai se ne sentiva la puzza lontano un miglio. Si capivano benissimo gli intrecci di conoscenze e frequentazioni tra giocatori, coach, presunti manager, intrallazzini vari. Gli incontri di qualificazione non erano quotati, e così su di me non si poté fare nulla. Giocai due doppi con XXX, vincemmo due partite perdendone altrettante, naturalmente taroccate. Al ritorno ci eravamo pagati le spese e ci eravamo divisi circa mille euro a cranio di guadagno. Non poco, non male. Soprattutto, avevo salvato la faccia. Quasi nessuno mi aveva associato al gruppo dei “taroccatori”, ne ero rimasto saggiamente ai margini. Ma intanto avevo capito come funzionava da dentro, sebbene molti dettagli ancora non li conoscessi e mi mancassero alcuni pezzi importanti del puzzle. Ora però avevo deciso: avrei guadagnato tanti soldi, ma tanti, facendo tutto da solo. Mi servivano tre requisiti: la salute, un tennis che mi permettesse di stare almeno nei primi 400 o 500 del mondo, e una grande resistenza allo stress. E non solo in campo. In più dovevo capire come funzionava il mondo del betting, in modo da non dover dipendere da nessuno. Avevo compreso che “soli era meglio”.
Da quel giorno non sarò più lo stesso. Avrei dovuto comportarmi come fossi una “macchina”, e allo stesso tempo volevo restare un uomo. Dovevo utilizzare al meglio le mie emozioni, senza lasciarmi sopraffare da esse. Volevo essere libero, eppure avrei dovuto sottostare a regole rigidissime, imposte da me stesso e dal mondo in cui mi ero catapultato. Volevo fare il “mestiere” del tennista Pro, non giocare a tennis.
Regola numero 1. Allenamento duro. Allenamento duro, gara facile. E’ tutta una questione di dedizione e preparazione. Quando i tuoi avversari dormono, tu ti svegli. Quando gli altri si allenano, tu allenati di più. Quando vedi qualcuno che si allena bene, tu allenati meglio. Quando gli altri escono a bere una birra, tu vai a letto a ricaricare le pile. Così, per 365 giorni all’anno. Solo così puoi farcela a rimanere dentro la classifica ATP.
Regola numero 2. Occhio alle donne: il testosterone lo devi usare per lottare sul campo, non per fare altro. La premessa è che tu stesso sei la tua bottega, con le tue gambe, il tuo corpo e la tua testa. La tua pagnotta. Non puoi sgarrare. Devi gestire al meglio il tuo rendimento e le tue prestazioni fisiche, come una top model. Devi essere competitivo. E per far questo devi avere la mente libera. Il che implica una vita sentimentale o familiare più o meno posata. Niente flirt. La cosa migliore è incontrare tua moglie all’inizio della carriera e percorrere tutta la tua vita professionale con lei al tuo fianco. Lei potrebbe essere il tuo principale sostegno, e ti aiuterà a tenere in ordine la “bottega”. Quelle poche volte che torni a casa devi riposare, membra e mente. Ma non ho una moglie e ho avuto storie strane. Ora ci vado con i piedi di piombo. Non voglio altre storie. Se sento il bisogno di avere una donna, vado a prostitute. Di buon livello, pago, svuoto le palle e stop. Ma sto attento, molto attento. Per questo alla fine me la godo poco. Da anni non ho una relazione.
Regola numero 3. Programmazione dei tornei e gestione dei soldi. Anche su questo devi essere talebano. Infortuni a parte che possono farti cambiare rotta, devi programmare la stagione con largo anticipo, gestire bene viaggi e spese accessorie e mettere da parte ogni tanto qualcosina per i momenti bui. Uscire dalla top 400 è un problema perché difficilmente entri nei tabelloni Challenger, uscire dalla top 1000 sarebbe un dramma perché esci anche dai tabelloni dei Futures che ti consentono un “ritorno economico” sicuro.
Regola numero 4. Fai sempre tutto da solo. Non coinvolgere nessuno. Se hai possibilità economica fatti un team di lavoro, un preparatore, un coach, ma tutto ciò che è denaro e betting gestiscilo tu. Metti i soldi davanti a tutto, salute a parte.
Un amico.
P.S: sei troppo scarso Ale, non vinci nemmeno se la partita è truccata a tuo favore.

Il foglio potrebbe solo uno scherzo o un esercizio romanzesco ma…se fosse vero?

Il Fatto: i gemelli Ucraini Gleb e Vadim Alekseenko, 35 anni, con best ranking intorno alla posizione 400 ATP, sono stati squalificati a vita e multati per 250 mila dollari ciascuno per aver scommesso su incontri di tennis, aver alterato l’esito di partite in cui giocavano e per aver indotto altri a scommetterci sopra. In collaborazione con l’Interpol, la Tennis Integrity Unit, di cui abbiamo più volte sottolineato la difformità di giudizio e superficialità nelle indagini, ha indagato sui due gemelli ucraini sentenziandone la morte sportiva. Quali sarebbero gli incontri incriminati? Non è dato sapere. La TIU ha solo annunciato che in alcuni tornei nel 2015 in Germania, Turchia, Romania e Russia.
Vadim Alekseenko in carriera ha vinto di prize money 77mila dollari circa, Gleb 52mila. Pochi in effetti per potersi permettere di girare il circuito 40 settimane l’anno come fanno da più di 10 anni. La mia conoscenza con Vadim risale a febbraio 2016 a Trento, in occasione del Futures all’Ata Battisti. Mi avvicinavo al tennis professionistico con molta ingenuità e il cuore aperto. Ingenuità e cuore aperto che comunque mi sforzo di mantenere. Ero lì per seguire il Futures per conto di Ubitennis. In tribuna guardavo il suo incontro, affrontava un giovane Andrea Vavassori e lo batteva 7-6 al terzo set. Non conoscevo il giocatore ucraino, già trentenne e chiesi ad un tennista italiano presente anche lui in tribuna che mi disse che Vadim Alekseenko era piuttosto famoso per fantomatiche storie che si raccontavano su di lui come “venditore di partite”. Lo sapevano tutti, aggiunse. Chiesi un po’ in giro e in effetti la sua fama era quella. Insomma, era vero che lo sapevano tutti. “Non vincerà mai un torneo”, aggiunse un altro tennista francese, poi per altro coinvolto in situazioni simili “perché appena è favorito finisce per perdere i match”. In effetti in singolare non ha mai vinto un torneo, anche se in doppio invece qualche soddisfazione in più se l’è tolta. Nel secondo turno a Trento prese poi in effetti una stesa da Filip Veger, croato ex 52 da Junior, ora ritiratosi. Avevo poco prima parlato col papà di Veger che lo accompagnava nel torneo, il quale non era per niente felice perché il figlio aveva un chiaro problema alla caviglia. Ebbene, Vadim Alekseenko giocò così male che perse nettamente 1-6 0-6 nonostante fosse favorito. Sembrava non riuscire a tenere una palla in campo. Siccome la faccia di culo non mi manca, finito il match seguii Vadim. Senza farsi la doccia se ne stava andando via dal circolo a piedi: gli feci qualche domanda in inglese e mi rispose a monosillabi controvoglia. Due settimane dopo a Sondrio invece ci parlo un po’ di più e lo trovo molto chiuso ma anche disponibile. Mi conferma che conosce le voci che girano su di lui e non ci bada. E mi gela con una frase: “i’m a dead man walking”. Sgrano gli occhi e aggiunge: “about tennis, of course.” In poche parole sapeva già allora che era sotto indagine. Infatti pochi mesi prima, ma questo lo appresi solo tempo dopo, era stato attenzionato per una serie di gare strane. La prima a Kazan (giugno 2015) contro il connazionale Manafov, dove aveva vinto il primo set per poi cedere di schianto negli altri due. Poi per altre gare su cui c’erano stati sospetti prima dell’inizio per un volume di giocate stranamente alto: contro Ubiergo in Romania (partita persa) e soprattutto contro Tatomir sempre in Romania dove invece Vadim aveva vinto. Ciò che l’ucraino NON mi ha detto, ma ciò che ho INTERPRETATO io, è che lui fosse sotto pressione da qualcuno, e che tutto sommato il suo comportamento fosse accettato perché gli interessi di molti protagonisti delle vicende bettistiche del tennis convergevano nella stessa direzione. In altre parole la mia teoria, su cui sia chiaro al momento non ho prove, è che i grandi provider di scommessa, i giganti (di cui non faccio i nomi per evitare querele) che propongono quote su incontri dei Futures, in sostanza gestissero direttamente o quasi i tennisti. Nel sottobosco dei tornei Futures e Challenger che ho girato per quasi due anni questa è una teoria un po’ complottistica, forse campata in aria, ma piuttosto in voga. Vox Populi, si potrebbe definire.

Ciò che mi ha sempre insospettito è il fatto che le indagini arrivino sempre molto tempo dopo, e appaiano come dei tentativi di rendere credibile uno sport che lo è sempre meno in tal senso, e di lasciare di fatto le cose come stanno ad alti livelli. E’ per questo che finiscono nella rete due tipologie di squalificati: i piccolissimi pesci, ormai sfruttati, come Vadim e Gleb Alekseenko, o quelli che si sono rifiutati di collaborare, chissà a quale titolo a questo punto, come Kicker, l’argentino. Un altro sospetto viene a vedere il modo con cui vengono condotte le indagini. Al Challenger di Recanati nel 2016 ascoltai una conversazione tra due individui che giravano i campi per cercare courtsider da un lato (gli scommettitori sulle tribune dove è vietato scommettere live) e truffatori tennisti in campo: “guarda l’uzbeko, secondo te si sta impegnando?” diceva uno dei due, un biondo con gli occhiali. E la donna che lo accompagnava, con chiaro accento spagnolo replicava: “lascialo stare, è più italiano di te, andiamo a vedere lo spagnolo”. Li ho ovviamente seguiti, e poi ritrovati su numerosi altri campi dei Challenger, da San Benedetto a Biella, da Brescia ad Andria, e ciò che ho capito senza dubbio è che fossero imboccati da qualcuno per indagare il tennista x o y, e che invece altri non fossero tenuti d’occhio. Da qui a dire che c’è del marcio ce ne corre, ma qualche dubbio viene. E se chi investiga facesse gli interessi dei bookmakers? Possiamo escluderlo? E se Vadim e Gleb si fossero ribellati e quindi fatti fuori? Perché, altrimenti, non fare nulla prima, visto che sembrava proprio che molti addetti ai lavori già sapessero?


P.S: Questo non è il primo e non sarà l’ultimo che scriverò sul mondo del betting, e di conseguenza del match fixing. Trovate qui altri articoli scritti su Kicker e altri. Ho rifiutato molte offerte da numerosi book per pubblicizzare i loro palinsesti o recensire le loro aziende. L’ho fatto, bando all’ipocrisia, perché le condizioni economiche offerte erano poco pesanti in un’ottica costi-benefici. Il beneficio economico non andava a pareggiare la mia necessità di essere libero ed esprimere le mie opinioni. E’ possibile che prima o poi troverete pubblicità su questo sito ma mi terrò lontano, per quanto possibile, da conflitti di interessi e qualora dovessi cedere alle sirene dei bookmakers non parlerò più di match fixing. Siete tantissimi a seguirmi e i book lo sanno, e sanno che da una parte ci sono gli addetti ai lavori, coach, tecnici, giocatori, giornalisti, che rappresentano più o meno il 20% di chi mi segue quotidianamente. Dall’altra però ci sono tanti scommettitori che cercano di sapere per avere vantaggi nelle loro scelte, e sono un buon 60%. Il resto sono appassionati non scommettitori.
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Alessandro Zijno