Tirrenia, Human Energy e strutture d’avanguardia

Articolo pubblicato su spaziotennis.com nel febbraio 2018

Osannato da alcuni e criticato da altri, il Centro Tecnico Federale di Tirrenia è da sempre argomento molto controverso nelle discussioni di appassionati e addetti ai lavori. Noi abbiamo voluto approfondire il tema, recandoci direttamente ad osservare coi nostri occhi, ascoltando decine di opinioni sia all’interno che all’esterno della struttura, facendo domande anche scomode, sempre senza idee precostituite. Ne esce un racconto nei dettagli, con curiosità, opinioni variegate, punti di vista differenti e in alcuni casi opposti, ma con un comun denominatore: le persone scelte all’interno sono le persone giuste per far crescere i nostri ragazzi. Tecnici esperti insieme ad allenatori più giovani e con molte idee, anche innovative. Vi racconteremo come funziona la vita all’interno del Centro, come sono strutturati gli allenamenti, gli obiettivi più o meno dichiarati dei protagonisti; proveremo a tracciare un bilancio, a capire quali sono i punti di forza e a chiarire i dettagli che possono essere migliorati, tutto ciò attraverso le parole e le esperienze di chi vive, lavora, sogna, si batte, fatica all’interno del Centro Federale o nel mondo vario del tennis nostrano, fatto di circoli in difficoltà, piccole invide, lotte intestine ma anche irrorato da gente (primi su tutti gli atleti) con vera passione per questo sport, senza dubbio inventato dal diavolo in persona.
Arriviamo a Tirrenia un sabato mattina, intorno alle 9, attraversiamo il cancello d’ingresso, superiamo la sala ristorante e gli alloggi e giungiamo fino ai campi da tennis: ciò che colpisce immediatamente è l’atmosfera di sport Olimpico che si respira all’interno del Centro, dotato di tutto ciò che occorre ad un’atleta di alto livello. Per arrivare alle strutture chiuse tennistiche, attraversiamo un viale alberato e la pista di atletica e ci immergiamo in un ambiente che definire mistico è poco: la purezza dell’aria diventa un tutt’uno con lo spirito Olimpico. Accanto a noi si allenano i ragazzi del tiro a volo, svolgendo sessioni di atletica. Poco prima alcuni atleti del baseball stavano aspettando i loro tecnici in attesa di entrare nella sala di muscolazione. Percepiamo intanto da lontano il rumore della pallina e degli impatti con la racchetta provenire da una delle strutture coperte, entriamo per capire chi si sta allenando: c’è Tax Garbin, tra l’altro Capitana di Fed Cup, che sta allenando due ragazze Under; con un meraviglioso e amabile sorriso e al contempo con determinazione ci invita ad attendere la fine della sessione di allenamento per poterci dedicare del tempo. Negli altri “palloni” intanto il Responsabile Organizzativo Giancarlo Palumbo, 53 anni e una esperienza immensa, sta allenando degli Under maschietti e ci aspetterà per un pranzo a base di ottima e salutare cucina e chiacchiere al ristorante del Centro, mentre il Tecnico Gabrio Castrichella sta preparando due suoi pupilli: Andrea Vavassori e Corrado Summaria, il primo in gara nella Serie A con Pistoia nel week end, il secondo in procinto di partire per Antalya in Turchia.

La Storia.
Mentre attendiamo la fine degli allenamenti la nostra mente spazia nel passato, rileggendo con gli occhi di oggi, la storia del Centro Tecnico: il Centro Federale di Tirrenia, situato all’interno del Centro di Preparazione Olimpica del CONI ha iniziato ad operare nel marzo del 2004, sotto la direzione di Renzo Furlan con Pino Carnovale a capo della preparazione fisica. Le iniziali intenzioni della FIT erano quelle di avere un Centro Servizi che da una parte si proponeva di creare dei piccoli campioni, dall’altra più ragionevolmente di dare un supporto a 360 gradi ai già professionisti azzurri, che nella struttura avrebbero trovato sparring partner all’altezza, consulenze in temi di preparazione atletica e supporto medico e fisioterapico con una eminenza come il Prof. Parra. Ricordiamo ai lettori più giovani che la Federazione tornava ad avere un Centro Tecnico dopo la chiusura nel ’99 di Cesenatico, che pur qualcosa di buono aveva anche prodotto. Il presidente Binaghi, va assolutamente sottolineato, ha senz’altro rischiato impegnandosi in prima persona su questo progetto di far rinascere un Centro Tecnico Federale, che poteva ampiamente prevedere che gli avrebbe dato dei grattacapi, visto che l’opinione pubblica e gli avversari politici avrebbero spinto sul pedale delle critiche se non fossero arrivati dei risultati più o meno immediati. In più va fatto osservare che se da una parte tutto il movimento di alta performance (e anche la base con gli under) trae beneficio dalle strutture e dai valori umani aggiunti che ivi lavorano, dall’altra le Accademie e i Coach Privati potevano temere una influenza troppo forte dell’egida federale, col rischio di perdere o compromettere il loro rapporto coi ragazzi, che rappresentano anche la clientela, quindi fonte di guadagno: per un ragazzo con poche possibilità economiche o che comunque volesse risparmiare, Tirrenia può essere una attrattiva assai forte. Comunque almeno fino al 2007 i rapporti tra Coach Privati e Federazione sono stati universalmente o quasi ottimi, tanto che l’obiettivo di Binaghi (Tirrenia come raccordo tra tutte le componenti del movimento) poteva definirsi raggiunto. Poi Riccardo Piatti, che fino ad allora gestiva bene il ruolo di collegamento tra la FIT e i diversi team, decise di lasciare la Federazione che dal suo canto assunse, con un contratto oneroso, Eduardo Infantino, con il target, tra gli altri, di traghettare i ragazzi più promettenti da Junior a Pro: avendo perso Piatti che fungeva da “garante” vista la sua esperienza con i coach nostrani ciò fu interpretato negativamente dai nostri tecnici che a vario titolo si sono sentiti messi da parte, e Tirrenia è finita per diventare un po’ una struttura in competizione con le Accademie Private, togliendo di fatto, in alcuni casi, alcuni ragazzi tra i più promettenti. Nel frattempo si stava ampliando la struttura, inizialmente dotata di 6 campi: ad oggi abbiamo a disposizione degli atleti ben 11 campi da tennis (4 in terra rossa, 7 in play-it, di cui 8 coperti nel periodo invernale), palestre di muscolazione e corpo libero, pista di atletica, campi da calcio e percorsi vari, spogliatoi con sauna ed idromassaggio, piscina a pochi metri dal centro, foresteria con camere doppie confortevoli, ristorante. Nel corso degli anni si sono affacciati a Tirrenia moltissimi dei più forti giocatori italiani: sicuramente quello che ha passato più tempo all’interno del centro è stato Giannessi, arrivato al numero 84 ATP come best ranking, seguito forse da Federico Gaio (BR 146 ATP). Ricordiamo però le parole di Renzo Furlan già nel 2013: “Tutti i migliori giocatori sono venuti da Tirrenia. Un paio d’anni dopo l’apertura abbiamo avuto Giannessi, che ha chiuso l’anno numero 1 ETA. Poi Matteo Trevisan ha vinto il Bonfiglio ed è stato numero 1 al mondo Under 18. Federico Gaio ha raggiunto la finale sempre al Bonfiglio ed è stato tra i primi 20 ITF… Su consiglio di Barazzutti a fine 2009 Francesca Schiavone venne a Tirrenia, ero io il direttore e con Corrado abbiamo preparato un programma di allenamento, incoraggiati da Binaghi che credeva molto in Francesca. La struttura l’ha sempre accolta alla perfezione, ha potuto avere sparring di altissimo livello e non dimentichiamoci della preparazione atletica fatta qui con Stefano Barsacchi, che l’ha seguita tutto l’anno, da Tirrenia a Parigi…”.
Nei primi anni, sotto la direzione di Renzo Furlan, si è dovuto creare un metodo di lavoro, si ripartiva da zero, e man mano si è cercato di aggiustare il tiro. I problemi iniziali di tutta la costruzione sono stati forse 2 a sentire, col senno di poi, le lamentele dell’ambiente: problemi ora almeno parzialmente risolti e quantomeno affrontati alla ricerca di soluzioni sostenibili.
La prima è la collocazione geografica del Centro Tecnico: decidendo di piazzare il centro a Tirrenia, la FIT ha dovuto accettare le condizioni del Coni, che questo offriva. Nei primi anni, effettivamente, la posizione isolata della struttura rendeva molto complicato il reclutamento di uno staff competente ai massimi livelli: diventava difficile convincere tecnici e preparatori bravi e già affermati (perché l’opinione pubblica e anche la stampa specializzata sono in genere molto superficiali su questo non percependo il vero valore delle persone) a lasciare le loro sistemazioni per trasferirsi “anima e corpo” a Tirrenia. Così è lo stesso Riccardo Piatti ad aver dichiarato più volte che in quegli anni (oggi per fortuna non è più così) si è dovuta svolgere una preparazione non personalizzata, ma forzatamente generica per taluni atleti. Nel corso del reportage ascolteremo molte opinioni diverse su questo argomento aggiornato al presente. Sicuramente per un atleta più o meno giovane, poter confrontarsi sul piano umano, motivazionale, con atleti Olimpici delle altre discipline vale già il prezzo di una quotidianità meno glamour rispetto ad una grande città.
La seconda è la transizione al professionismo degli under: è noto che abbiamo spesso dei supercampioni da Junior poi in difficoltà al momento di entrare nel circuito PRO. Noi moltissime volte abbiamo affrontato questi temi, avendo viaggiato insieme a molto ragazzi nei circuiti Challenger e Futures, e sappiamo con certezza che questo “problema” è stato ampiamente dibattuto nelle sale del Centro. Senz’altro ciò che ci dice il Direttore Organizzativo Giancarlo Palumbo è chiarificatore: “La mission nostra è duplice: da una parte regalare ai nostri campioni, che abbiano 15 o 35 anni, una struttura di livello mondiale, con staff altamente preparato per lavorare su atleti di alta performance, dall’altra accompagnare nelle crescita i più giovani, dando loro tutti gli strumenti affinchè anche autonomamente si possano muovere a proprio agio nel circuito, anche e soprattutto quello professionistico.” Quale è una costante preoccupante (che vale per molti paesi comunque)? Che i ragazzi smettono troppo presto. In sostanza Palumbo ci vuole comunicare che accanto ad un lavoro sui colpi, sulla tecnica, con strategia annessa (la ricerca dell’identità del giocatore) e su una preparazione atletica all’avanguardia, i ragazzi oggi sono seguiti anche e soprattutto dal punto di vista psicologico-emozionale (la ricerca dell’identità della personalità a 360 gradi), al fine di programmare come si deve una stagione e una carriera. In questo tutti i tecnici con cui abbiamo parlato, da Gabrio Catsrichella, a Tax Garbin sono stati concordi nell’affermare che una buona programmazione sia fondamentale, non limitata solo alla decisione di quali o quanti tornei svolgere nelle settimane.


L’organigramma.
Oggi il responsabile del Centro Tecnico è Filippo Volandri, che si è inserito gradualmente nella struttura, inizialmente facendo esperienza, essendo ancora quasi giocatore (ha smesso l’attività internazionale da pochi mesi), ma comunque entrando con un grande entusiasmo, apprezzato molto anche dai giocatori, con i quali sa porsi molto bene.
Umberto Rianna è il responsabile del settore Over 18 Maschile, ed è un valore aggiunto enorme per tutto l’ambiente.
Tathiana Garbin è la responsabile del settore Over 18 Femminile oltre ad essere la Capitana di Fed Cup.
Il Responsabile Organizzativo del CNT e del settore Under 18 è Giancarlo Palumbo, persona di una gentilezza squisita che ci ha guidato nella conoscenza della struttura e ci ha concesso di parlare con i protagonisti.
Giancarlo Palumbo
Giancarlo Palumbo. 53 anni, tifosissimo del Napoli, ci accoglie come un padre nel Centro. Assistiamo ai suoi allenamenti e finalmente chiacchieriamo un po’. “Sono il Direttore Tecnico Organizzativo” ci dice “una specie di Team Manager. Vivo qua dentro, faccio parte dell’arredo permanente” (ride ndr). Il mio orgoglio è aver creato feeling con i ragazzi a livello umano, molti di loro diventano uomini qui dentro, e se ho un pregio è quello di prefissarmi l’obiettivo prima di tutto sulla trasmissione dei valori umani. Non è retorica dire che c’è prima l’uomo e poi l’atleta. Lavorare a 360 gradi è fondamentale, e non è un dettaglio riuscire ad influire sull’ “anima” dei ragazzi. C’è una frase che adoro, che rivolgo ai ragazzi e che fa così: “abbiamo incontrato tante persone che non credevano in noi durante il nostro cammino. Ho una cosa da dire a queste persone: non sottovalutate il cuore di un campione.”. In questa frase c’è tutta l’energia di Giancarlo Palumbo, che trasmette già stringendoti la mano: insegna tennis ma potrebbe insegnare qualsiasi altra disciplina data la capacità comunicativa. A noi piace la maniera semplice, basica, realmente partenopea di porsi, senza creare troppi “muri”, con la sicurezza di chi ha un ruolo così importante nello sport italiano, ma allo stesso tempo concedendo grande fiducia agli interlocutori. Si parla intanto un po’ di tutto, si crea una ottima sintonia tra noi e ci raccontiamo le nostre storie personali. Torniamo però al tennis, e ai nostri ragazzi. Palumbo non si scompone e continua: “Chi critica Tirrenia a volte è su posizioni di pregiudizio. Stiamo funzionando bene, abbiamo reso il centro più selettivo, vogliamo che chi viene qui sia convinto al 100%. E’ come un matrimonio, ci si deve scegliere in 2. Da una parte noi dobbiamo selezionare chi ha già una preparazione adeguata per poter intraprendere questo percorso. Dall’altra chi viene qui deve essere convinto. Deve avere quella voglia di sacrificarsi, darsi il tempo per l’ambientamento, accettare le difficoltà che potrà incontrare. Altrimenti è inutile.” Quindi si è passati dall’iniziale obiettivo di creare campioni a quello di gestirli ed aiutarli a crescere, ci pare di intuire. Palumbo ci corregge un pochino: ”Le due cose non sono in contrasto. Una cosa, in altre parole, non esclude l’altra. Ci siamo resi conto principalmente di un fatto incontrovertibile: bisognava alzare un po’ l’età di chi veniva a stabilirsi qui. Negli anni 80 o 90 i ragazzini di 13 o 14 anni (l’esempio di Latina nel femminile con Di Domenico per dire) avevano già una sorta di autonomia emotiva che consentiva loro un distacco meno traumatico dalla propria famiglia o ambiente, oggi nel 2017 devono venire qui a Tirrenia ragazzi più maturi. Per questo ci sono i Centri Periferici (Bari, Vicenza, Palazzolo, Foligno) dislocati in tutta Italia dove gli under possano crescere sia tennisticamente sia umanamente in condizioni più “adatte”. Questo decentramento ci aiuta a selezionare i 14enni più bravi ad esempio, che ogni tanto vengono a fare degli stage qui in modo che i tecnici federali e quelli personali possano confrontarsi con l’obiettivo comune di migliorare il ragazzo e strutturare un allenamento mirato e condiviso.” Se abbiamo capito bene, poi li riprendete verso i 17-18 per traghettarli nel mondo ITF o Challenger. Risponde Palumbo: “sì, più o meno così, poi ogni caso è a sé. L’importante è il percorso.”. Quindi parola chiave CONTINUITA’!!! Palumbo si accende: “parola chiave continuità mi piace. Potrebbe essere un nostro slogan. Aggiungo che la continuità deve essere anche quella dei tecnici. Abbiamo fatto molti sforzi per portare a Tirrenia tecnici di livello eccezionale. Il miglioramento passa anche attraverso una continuità in tal senso. A volte, in alcuni casi specifici, facciamo ruotare l’allievo con più tecnici, in modo che da ognuno possa apprendere qualcosa, con l’obiettivo però di trovare l’accoppiamento più giusto per il momento di crescita del ragazzo.” La domanda di tutte le domande non gli giunge a sorpresa: cosa si risponde a chi dice che Tirrenia non ha prodotto top 100? “E’ la sinergia tra le varie componenti che certifica la valenza o meno di un movimento, e l’arrivo di un Top 100 è solo una conseguenza. L’eccellenza della struttura e la professionalità dei tecnici che ci lavorano si vede dai fatti. Qui c’era Camila Giorgi passata da 150 WTA a 30. Bolelli si è ricostruito, fisicamente e tennisticamente. Schiavone ha lavorato qui con Tax (Garbin ndr) nel 2011 quando poi lei ha giocato il suo secondo Roland Garros strepitoso, non tutti possono diventare top player ma Tirrenia senz’altro ha i suoi meriti nel raggiungimento dei traguardi dei ragazzi. Se un ragazzo lavora con il suo coach e lavora bene, quando poi viene qui magari per qualche settimana noi mettiamo al suo servizio tutta la nostra competenza. I fattori di crescita sono molteplici, basta pochissimo per far scattare quella molla che porta il numero 700 del mondo nei primi 100. Se possiamo fare qualcosa affinchè scatti lo facciamo senz’altro! Per questo uso la parola sinergia. Senza i Maestri privati tutto questo non è possibile, ma il supporto di Tirrenia diventa fondamentale.”
E qui entriamo in un terreno nuovo. I Maestri in Italia a che livello stanno? Ci risponde Palumbo: ”I Maestri assumono ora un ruolo centrale anche in ottica Tirrenia. Mi spiego meglio. Ora che è in atto questo decentramento, con i centri tecnici periferici, i centri periferici di allenamento, e la base (i CAP, centri di aggregazione provinciale) che sono coinvolti appieno, vogliamo che i ragazzi siano seguiti con ancora maggiore professionalità. L’arrivo di Michelangelo Dell’Edera a capo dell’Istituto Superiore di Formazione lo sta a significare. Ora Dell’Edera supervisiona anche direttamente gli Under 16 e questo è un grosso valore aggiunto. Ci sono però dei problemi strutturali nello sport italiano che non basta la buona volontà ad eliminare.” E quali sarebbero? “La qualità dell’insegnamento di base rischia di peggiorare se non mettiamo mano alla questione. Per fortuna Michelangelo Dell’Edera sta facendo un grandissimo lavoro, e vuole ridare agli insegnanti quella dignità e visibilità che meritano. L’ideale è che un Maestri di tennis faccia il Maestro di tennis. Oggi purtroppo, complice la crisi economica che ha colpito lo sport, troppi maestri fanno gli imprenditori. Negli anni 80-90 i circoli seguivano direttamente i ragazzi agonisti più meritevoli, e i maestri potevano limitarsi al loro lavoro. Adesso hanno preso in gestione le scuole tennis, sono amministratori di loro stessi, e a volte non sono in campo direttamente. Uno degli obiettivi del Centro è anche questo richiamo all’etica dei Maestri.” Certo è una sfida dura, aggiungiamo noi che una scuola tennis la gestiamo e viviamo la realtà quotidiana di far quadrare i conti. Non è facile perché gli insegnanti sono padri di famiglia e dello stipendio hanno bisogno: e il business si fa con le private e i corsi collettivi e non certo con gli agonisti alle famiglie dei quali non si può chiedere la luna. L’agonistica finisce quasi per diventare un costo, ed è utilizzata a volte come specchietto per le allodole rivolto al reclutamento dei clienti per i corsi collettivi. Non è facile per la FIT contrastare questo fenomeno, che scaturisce da dinamiche sociali su cui le Federazioni non hanno quasi nessun controllo. La mancata qualificazione dell’Italia calcistica ai mondiali in Russia nasce da situazioni simili. Interviene Palumbo:” Nei centri tecnici, anche quelli di base, dobbiamo inserire i migliori Maestri. E lo stiamo facendo. In questo modo gli insegnanti avranno strumenti e possibilità di fare davvero i Maestri di tennis, senza disperdere energie in altre mansioni. Aggiungo un fattore: i genitori. Alcuni genitori mortificano il lavoro dei Maestri, legando la loro soddisfazione al solo risultato. Questo non solo crea una cultura drammaticamente pesante per i bimbi stessi schiacciati poi da responsabilità troppo forti, ma anche finisce per avvelenare un ambiente che dovrebbe avere come unico metro di giudizio la crescita umana e tecnico-fisica dei ragazzi.” Sul piano più tecnico cosa consiglia Giancarlo ai Maestri? Quale sarà il tennista del futuro come caratteristiche? Palumbo ci pensa su un attimo poi parte deciso: “Diventa sempre più fondamentale lavorare sui colpi di inizio gioco. Noi lo diciamo da diverso tempo. Quindi servizio e risposta. Nelle scuole tennis si vede ancora un vecchio modello di insegnamento, che preferiva il palleggio, relegando il servizio a 10 minuti (forse) alla fine o all’inizio della lezione. Noi già dai tempi di Cesenatico proponevamo una sessione di allenamento con il 30% del tempo dedicato a servizio e risposta. Poi c’è anche un discorso di struttura fisica ed entriamo in concetti troppo tecnici.” E si torna al discorso di prima sui Maestri, aggiungiamo noi. Il Maestro oggi fa un po’ da manager del club quindi fa lezione ai bambini, ha il settore agonistico, il minitennis, la sera il corso adulti e se ha 10 minuti forse trova il tempo di telefonare alla moglie e dare un bacio a suo figlio. Non trova il tempo di programmare e spesso si affida a concetti assimilati nel tempo e pienamente collaudati con l’esigenza di arrivare a fine mese. E allora ci sta che il servizio o un altro fondamentale siano sacrificati. Negli USA e nella tanto decantata repubblica Ceca (dove per altro si insegna il servizio di più alto livello al mondo) i Maestri di tennis fanno solo quello. In concreto l’idea del decentramento si rende pratica con 4 parole: Bari, Palazzolo, Vicenza, Foligno. Palumbo ci spiega meglio: “L’idea dei CTP nasce dall’esigenza di trovare luoghi di riferimento dove i ragazzi possano ricevere assistenza a 360 gradi senza allontanarsi troppo da casa. Con Foligno, Bari, Vicenza e Palazzolo abbiamo più o meno piazzato la nostra bandierina in tutta Italia con l’eccezione delle isole, creando delle piccole Tirrenia e offrendo gli stessi ingredienti: assistenza totale, foresteria, scuole che garantissero gli studi dei ragazzi, centri medici, campi in tutte le superfici. L’obiettivo ideale sarebbe arrivare ad 8 di questi centri con Tirrenia come punta della piramide.”

Umberto Rianna lo abbiamo incontrato quasi ogni settimana al seguito dei ragazzi impegnati nel circuito Challenger per un anno e mezzo. E’ forse il coach che conosciamo meglio. Abbiamo avuto il privilegio di assistere al suo fianco a moltissimi match dei nostri azzurri: l’esperienza che trasuda dai suoi commenti in diretta è illuminante. Sarebbe un commentatore tv sontuoso. Con poche parole e con un modo garbato e simpatico allo stesso tempo è capace di far capire il perché di una scelta sbagliata di un giocatore, di mettere in evidenza pregi, di sottolineare situazioni emotive, a volte di prevedere cosa succede da lì a poco in campo. Non è un mago, è semplicemente un coach che come abbiamo raccontato nell’intervista di gennaio 2017 (http://www.spaziotennis.com/interv/rianna-umberto-progetto-over-18-intervista-fit/47839), si è formato direttamente sui campi della Florida di Bolettieri, e possiede una esperienza vastissima. E’ un marchio di garanzia. Ai tornei è cordiale con tutti: con i ragazzi della transportation, con gli organizzatori dei tornei, con i colleghi coach, e anche con gli appassionati. Poi quando è ora di allenarsi è lì a trovare la massima concentrazione e intensità possibili e quando si entra in gara la sua energia è penetrata nei ragazzi insieme ai suoi preziosi consigli. Ora sta programmando la stagione dei giovani azzurri e ci tiene a specificare alcuni punti: ”Stiamo lavorando anche 16 ore al giorno per sistemare e programmare tutto. La continuità del lavoro è un po’ il segreto. In realtà il nostro lavoro è iniziato all’inizio dello scorso anno con una filosofia orientata a lungo termine, a formare i ragazzi a 360 gradi, in modo che abbiano tutte le risorse possibili per fare i professionisti e che poi grazie allo loro capacità raggiungano il massimo. Ci siamo resi conto che per molti di loro c’erano delle lacune: potevano essere tecniche, tattiche, fisiche, ma in comune un po’ con tutti dovevamo lavorare sul piano dell’atteggiamento, sia durante la prestazione sia fuori dal campo. C’è un certo tipo di mentalità su cui bisogna intervenire: vanno affrontate alcune difficoltà sul piano della gestione delle emozioni, delle risorse mentali. Ho trovato in questi anni dei ragazzi che hanno un grande senso del dovere, quindi si allenano con massimo impegno, eppure manca loro ancora una cultura della quotidianità finalizzata alla crescita sia come atleti che come uomini. Significa accettare la politica dei piccoli passi, significa accettare che magari una miglioria tecnica passa attraverso dei risultati sul campo che non equivalgono subito a vittorie, significa sapersi adattare a situazioni nuove, imprevedibili, a volte scoccianti. C’è una differenza tra stare in campo 4 ore ad allenarsi come un mulo, e stare in campo 4 ore e comprendere appieno il tipo di lavoro che si sta facendo. Chiamiamola consapevolezza del lavoro, se non vogliamo chiamarla cultura, perché la disciplina c’era anche prima da parte dei ragazzi, ora però stanno acquisendo un’altra mentalità con basi più solide. In realtà questi ragazzi si impegnano al massimo, la volontà non gli manca. Ora che ci sono i pezzi giusti al posto giusto, dai coach alla classe dirigenziale, sono convinto che si vedranno i frutti, perché i ragazzi stanno recependo in profondità e stanno reagendo molto bene. L’inserimento di Volandri come direttore è stato eccezionale, Filippo è una figura preziosissima: sta dando a tutti noi la tranquillità a tutti noi di lavorare, sapendo che dietro le spalle c’è un appoggio da parte di un grande tecnico ed ex giocatore. Noi abbiamo ragazzi che vanno dai 19 anni ai 23 anni, gli italiani per natura e cultura maturano non prima dei 25 anni, per cui gli dobbiamo assolutamente fornire delle basi solide, colmare le lacune di cui parlavo prima e non ho dubbi che potranno dare il massimo, comunque molto di più di quello che hanno dato finora al tennis italiano, senza fare proclami ma anche con molta fiducia. L’obiettivo vero non è solo la top 100 che equivale ad essere un professionista affermato, ma che le capacità che dimostrano questi ragazzi non vengano vanificate. I nostri ora finalmente vedo che stanno crescendo anche come uomini, prima ancora che come tennisti, affrontando le difficoltà con maggiore maturità: per questo oltre a Flippo Volandri bisogna ringraziare Graziano Risi, ci tengo a dirlo, che ci sta dando tutti gli strumenti necessari affinchè noi del settore tecnico possiamo scegliere il meglio. In questa direzione va segnalata la presenza qui a Tirrenia di Lorenzo Beltrame, figura di spicco mondiale, che cura la parte mentale ed emotiva della nostra “meglio gioventù”. Conosco Beltrame da molti anni, essendo anche lui come me inserito nell’ambiente tennistico americano dove è molto considerato e la sua professionalità e la sua capacità di entrare in empatia con i ragazzi mi fa dire che ne avrà un beneficio tutto l’entourage. I ragazzi hanno accolto questa novità con molto entusiasmo, e quando il programma di Beltrame sarà attivato al 100% saremo una delle Federazioni più all’avanguardia in questo senso. Posso dire che mai come ora mi sono sentito tanto fiducioso nel futuro del tennis italiano maschile, fare nomi non è indicativo, in tanti dei nostri stanno crescendo e davvero sento una grande responsabilità nei confronti di questi giovani atleti.” Rianna è davvero entusiasta di come si sta lavorando, il team è più unito che mai, tutti remano dalla stessa parte, i vari Berrettini, Sonego, Napolitano, Donati, Quinzi possono sentirsi seguiti in un connubio positivo con i rispettivi coach. Con Rianna come marchio di garanzia.
Ma come funziona la vita qui al Centro? E’ monacale? O Stimolante? Come si svolgono gli allenamenti? E la giornata tipo?

Tathiana Garbin, numero 22 WTA nel 2007, Capitana di Fed Cup
Anche per rispondere a queste domande abbiamo parlato con Tathiana Garbin, responsabile del progetto over 18 femminile e capitana di Fed Cup: “La vita qui dentro è quella di una professionista. Chi viene qui vuole il massimo da se stessa e da chi la segue sul piano tecnico come me e gli altri allenatori. Io qui a Tirrenia sono la responsabile del settore Over 18 femminile, e mi piace metterci la faccia. Il momento è solo apparentemente difficile per il movimento femminile. Mi spiego meglio: non è certo facile per queste ragazze fare meglio della generazione precedente che con Schiavone, Pennetta, Vinci, Errani, e le altre hanno tenuto alta la bandiera azzurra per 10 anni e passa. Però alcune hanno notevoli qualità e possono aspirare a migliorarsi moltissimo. E con i miglioramenti, che passano sotto tutti i punti di vista, arriveranno anche i migliori risultati. Insomma il futuro non ci deve dare preoccupazione, ma ci deve motivare a dare il massimo. Ora nello staff tecnico si sta aggiungendo anche Maria Elena Camerin, che insieme a Fausto Scolari e Antonella Serra Zanetti, collaborano con me. Per la parte fisica Roberto Petrignani ci dà tutto il supporto con la sua professionalità affinchè le ragazze siano preparate al giusto livello.” Tax non si sbilancia sui nomi, ma crede in tutte le sue atlete. Aggiunge: “Seguo tutte le ragazze, con ognuna personalizzo l’allenamento, la mia porta non è chiusa per nessuna. Uno degli obiettivi dello sport italiano e del nostro tennis deve essere assolutamente quello di far crescere il movimento di alta performance, più ragazze abbiamo che si battono nei tornei internazionali, più c’è la possibilità che esca la supercampionessa. Che magari l’abbiamo già in casa, e si tratta solo di farle tirare fuori il massimo da se stessa. Non mi piace fare nomi specifici, perché tante lo meriterebbero. Posso solo dire che ciò che gli appassionati del tennis italiano devono sapere è che non avrei mai accettato un incarico così importante se non fossi sicura di poter dare il massimo come allenatrice. Questa è la mia vita. Di conseguenza sono certa di poter trasferire molto alle ragazze per consentirle di raggiungere le loro aspirazioni.” I nomi li facciamo noi. Jasmine (Paolini ndr) è del ‘96 ed è già 140 della classifica WTA, Martina Trevisan è una ‘93 ma ha perso un po’ di tempo per gli infortuni, sperando che non ci siano altri stop può crescere velocemente, Cristiana Ferrando è una ’95 e presto può entrare nelle top 200, poi in rampa di lancio ci sono tante giovanissime, a partire da Jessica Pieri al suo best ranking che appena metterà su un po’ di peso sulla palla salirà ancora, continuando con Georgia Brescia (assolutamente da vedere per gli appassionati per un timing sulla palla pazzesco e per la caratteristica del diritto a 2 mani) o Deborah Chiesa, che è stata la gradita sorpresa della stagione, entrambe del ’96. Rispetto al passato cosa sta facendo di più la FIT per queste ragazze? Tathiana risponde chiaramente: “Ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. Innanzitutto le risorse che la federazione sta investendo sono molto importanti, sia sul piano economico che umano, quindi i frutti si vedranno tra qualche anno. Poi la vita sportiva degli atleti si è allungata notevolmente, le carriere ormai durano ampiamente oltre i trenta anni di età, ed entrare nelle prime 100 WTA (che significa guadagnare ndr) a 20 anni è molto più difficile rispetto al passato. Una grande mano può arrivare da tutto l’ambiente: guardare ai soli risultati è fuorviante. Non solo è un errore sul piano sportivo, ma condiziona la cultura dei ragazzi. Non dimentichiamoci che sono molto giovani, quindi influenzabili. La cultura vincente è quella che considera e valorizza il lavoro quotidiano. E non solo tennistico, ma a tutto tondo. Bisogna curare i piccoli dettagli e non tutte le nostre ragazze sono abituate. L’esempio tipico è l’alimentazione studiata nei minimi particolari, e su questo tasto stiamo battendo molto, così come sul piano dell’atteggiamento mentale, in campo e fuori. Il cerchio sarà chiuso quando non si dovranno curare questi dettagli a 22 o 23 anni a Tirrenia, ma arriveranno ragazzi già pronti da questo punto di vista. Quindi su lavora per creare una mentalità che porti i giovani agonisti già a 12, 14, 16 anni ad essere dei professionisti come atteggiamento, senza dare troppa importanza ai titoli under che dovessero arrivare: lavorare e credere nella caparbietà e determinazione. Ora che conosco meglio anche questa generazione, così differente dalla nostra, so che potrò influire ancora di più.” Si ferma un attimo Tathiana, poi ricomincia: “Il progetto Over 18 ha un significato ben preciso: non abbandoniamo i ragazzi che sono ancora indietro a 22 o 23 anni, perché non è tardi per entrare nel mondo PRO.” L’ultimo pensiero la Capitana di Fed Cup lo dedica alla “base”: “Il lavoro dei Centri Periferici e dei Centri Tecnici Permanenti va nella direzione auspicata di allargare la base. Credo che questo sia fondamentale e con i Centri di Aggregazione Provinciale lavoriamo per non farci sfuggire nessuna ragazza, a partire dalle Under 11. Questo lavoro deve essere capillare, quotidiano, tutti i circoli devono sentirsi coinvolti, e in sostanza il punto è sempre lo stesso: non guardare ai risultati immediati (vincere a 12 anni conta zero) ma costruire un’atleta e una mentalità, non solo sviluppo tecnico e tattico ma anche fisico e mentale.” L’incontro con Tathiana ha avuto in noi l’effetto dirompente di una valanga: ci ha trascinato via nel vortice delle emozioni. E’ una donna con una energia pazzesca, è solare e ascetica nello stesso tempo. Approfondiamo alcuni concetti che riteniamo basilari: il primo è l’aspetto puramente mentale, dove per “mentale” si intende la gestione delle emozioni, così importanti anche e non solo nel campo da tennis. La Federazione si doterà presto di una figura professionale adatta allo scopo. Ci dice Tax: “Le routines per gestire sia i 25 secondi tra un punto e l’altro, sia i cambi di campo, stanno diventando sempre più importanti. E più un giocatore sa utilizzare la manopola delle emozioni, più ha successo. Per successo non si deve intendere solo la vittoria in campo, ma la felicità della propria vita. La Sharapova in questo è un grandissimo esempio. Si volta di spalle al campo dopo l’ultimo colpo, per comunicare in primo luogo a se stessa che quello è il passato. Nella logica del “qui ed ora” subito dopo si dà la carica e guarda in direzione della propria avversaria, utilizzando in modo fenomenale quei momenti di pausa che se non ben gestiti hanno forti controindicazioni, cioè il mancato recupero delle energie fisiche e psicologiche. E lo fa ad ogni punto. Dovremo arrivare all’obiettivo che ogni ragazza sappia da sola trovare le proprie routines, con l’ausilio di chi la guida. Ma l’autocorrezione e l’autodeterminazione sono fondamentali. Non basta dire all’atleta “fai questo fai quello”, serve consentire all’allievo di percepire le proprie emozioni, riconoscerle, accettarle e solo successivamente essere in grado di utilizzarle a proprio vantaggio. E serve ancora di più fuori dal campo per diventare delle persone più forti e resistenti, in un mondo così competitivo e che trita tutto.”


GABRIO CASTRICHELLA, Coach
In partenza per i rispettivi impegni incontriamo Coach Gabrio Castrichella con Corrado Summaria e Andrea Vavassori: Castrichella e Summaria stanno per andare ad Antalya per due tornei da 15mila dollari, Vavassori va a giocare la serie A nella vicina Pistoia. Stanno facendo una rifinitura, aspettiamo la fine dell’allenamento con i due che si stanno sfidando in maniera animata. Castrichella li segue e ogni tanto interviene ricordando qualche dettaglio degli allenamenti tecnici e tattici svolti in settimana. Al termine dell’allenamento i due ragazzi vanno a farsi la doccia e restiamo insieme a Gabrio che già conoscevamo per averlo incontrato parecchie volte al seguito di Pellegrino e Mager per i challenger italici. Gli chiediamo subito di come funzionano gli accoppiamenti coach-ragazzi: “Si tende a far ruotare i ragazzi, in modo che da ogni Coach possano apprendere qualcosa.” In effetti le differenze comunicative e di metodo tra Maestro e Maestro consentono ai ragazzi di crescere utilizzando al meglio le risorse che la FIT gli mette a disposizione. Chiediamo a Castrichella di Pellegrino e Mager, di cui si occupava direttamente fino a pochi mesi fa: “Con Andrea Pellegrino abbiamo fatto un percorso bellissimo, c’è un rapporto che va oltre l’aspetto professionale, anche con papà Mimmo, in effetti l’ho accompagnato dall’attività Junior a quella PRO, costruendogli addosso l’abito del professionista. Lui è un ragazzo con enormi qualità, è lanciato e sono orgoglioso di avergli dato una mano. Gianluca è un carissimo ragazzo, ora ha scelto di tornare a casa sua a Sanremo, qui a Tirrenia si è allenato molto bene.” Ora Gabrio allena e segue ai tornei Corrado Summaria e Andrea Vavassori, di cui ci svela un po’ le caratteristiche: “Corrado è un classe ’98 e sta cercando la sua identità tennistica, è un giocatore molto rapido, si muove bene ed è esplosivo. Quando si sposta sul diritto fa già abbastanza male agli avversari, deve tuttavia diventare più solido dalla parte del rovescio. Work in progress. L’impegno è massimale, e un lavoro che Corrado deve fare è quello nel rapporto con se stesso, per trovare quell’intensità che si richiede ad un campione ogni santo giorno. Intendiamoci, il ragazzo si impegna al massimo, è un progetto in crescita e se l’entusiasmo lo sostiene farà grandi cose. Andrea Vavassori è più grande, ha 22 anni, ed è un giocatore che a sua volta stimola l’allenatore. E’ molto maturo e il prossimo può essere un anno importante per lui. La scorsa stagione è stata complicata dal fatto che per la prima volta si è allontanato dalla famiglia in Piemonte, e può aver subìto un po’ di pressione dovuta al fatto che la FIT investisse su di lui. Ora ha fatto un po’ di esperienza, anzi parecchia, giocando una ventina di partite con top 300 e tutto questo bagaglio se lo porterà in campo nei prossimi incontri. Il suo schema preferito è servizio-diritto, dalla parte destra (del diritto ndr) è molto migliorato ancora, e come obiettivo ci siamo posti quello di non dare ritmo agli avversari ma saper variare, a partire dalle rotazioni.”. Chiediamo a Gabrio se secondo lui è preferibile cercare punti “facili” in tornei fuori dall’Europa oppure avere una programmazione più ambiziosa. La sua risposta è determinata: “Punti facili non esistono. E la fiducia la devi trovare in te stesso, sia se quella settimana hai fatto punti sia se è un periodo che perdi. Per cui la scelta dei tornei da disputare non la facciamo in base ad una ipotetica entry list con più o meno giocatori di qualità; semmai valutiamo il rapporto costi-benefici di una trasferta. Comunque molti di questi ragazzi, compreso Andrea, hanno bisogno di mettere molte partite di livello nelle gambe.”
Con Corrado ed Andrea ci diamo appuntamento nel ristorante dopo la loro seduta atletica, e mentre li attendiamo non possiamo fare a meno di pensare quanto siano fortunati questi ragazzi a fare una vita così pulita, e allo stesso tempo riflettiamo sulle difficoltà sul piano emotivo ed esistenziale incontrate da personalità non ancora formate come i ventenni che frequentano Tirrenia. Un ragazzo che si trasferisce qui, sulla costa tirrenica, in un luogo molto bello ma un po’ isolato, si ritrova lontano dalla famiglia e dagli affetti e certamente la vita non è semplice, sebbene Antonella Paulotto, nello staff del Centro, gli faccia da mamma, più ancora che da Tutor quale sarebbe il suo ruolo. Cambiano le abitudini, aumentano le responsabilità, si modificano gli obiettivi, e alcuni ragazzi all’inizio possono faticare. In coro tutti i tecnici ci dicono “deve essere il ragazzo e la sua famiglia a scegliere il Centro tecnico e non il contrario. Chi arriva motivato prima o poi si integra bene e i miglioramenti sono evidenti.”
CORRADO SUMMARIA, numero 36 del mondo a livello Juniores, attualmente numero 1066 ATP
Arriva Corrado Summaria, ci mettiamo seduti a chiacchierare: Corrado è nato a Cosenza nel ’98, costruito in origine dal Tecnico Nazionale Paolo Girella a Reggio Calabria, è un ragazzo atletico, sorridente, che è stato numero 36 del mondo da Juniores e da un annetto sta entrando davvero nel mondo PRO. La Federazione ci punta molto e dopo essere stato affidato a Thomas Tenconi, da qualche tempo si allena con Gabrio Castrichella: “Tirrenia mi sta aiutando molto ad avere il giusto focus sul tennis. Qui si fa la vita del professionista a 360 gradi. Sveglia alle 7 (io sono in stanza con Dalla Valle), colazione 7,30, in palestra alle 8,30 per un warm up, poi fino alle 12,30 si alterna preparazione fisica a tennis. Si pranza, ci si riposa un po’ per recuperare e dalle 15 si ricomincia con palestra e tennis. La sera il rientro è fissato per le 22,30 se si esce a mangiare una pizza o per andare al cinema.” Gli chiediamo quali sono i suoi obiettivi e lui ci risponde mostrando la sua anima candida: “Sogno la top 10, dovessi scegliere un torneo da vincere direi Roma, pensa con tutta la famiglia a tifarmi! L’obiettivo invece più vicino è quello di diventare PRO, entrare in questo mondo e riuscire a guadagnare ciò che serve per vivere di tennis. Ciò che ancora mi manca è la consapevolezza dei miei mezzi, e a volte la fiducia. Io amo lo sport e il tennis in particolare, ma certo che questo sul piano emotivo è uno degli sport più duri, bisogna stare concentrati al 100% e non puoi appoggiarti su nessuno in campo. Se non avessi fatto il tennista avrei giocato a calcio, e in un certo senso sarebbe stato più semplice dal punto di vista della gestione mentale della partita. Per questo sport tutti i tennisti hanno pianto almeno una volta, e a me è capitato: ci sono molte emozioni che premono per uscire, e la parte più difficile della vita del tennista è la gestione dei legami affettivi o familiari, sei spesso lontano. Però ci sono aspetti positivi fondamentali come la vita “sana” che si fa, si “lavora” all’aria aperta e non dentro un ufficio, sei lontano dalla strada che per un ragazzo vuol dire tanto, e si costruisce anche un bel fisico (e ride, Corrado è un bel ragazzo e sa di esserlo ndr).” A proposito di legami affettivi Corrado aggiunge: “ad esempio papà è la prima persona che sento dopo un torneo, oltre al Maestro se non è con me ovviamente, e quando viene a vedermi, sarà capitato 4 o 5 volte, in me scatta sempre qualcosa. Incide la sua presenza. E le emozioni che suscita vanno sapute gestire, anche questo vuole dire essere PRO.” Futuro prossimo, gli chiediamo? “Ho fatto due settimane ad Antalya adesso, una esperienza, e ora 6/8 settimane di preparazione per la prossima stagione. Sinceramente credo proprio di essere migliorato, mi sono ambientato qui a Tirrenia, ho stretto amicizie importanti, come con Andrea Vavassori che è qui vicino, o con Fonio e anche con Ciurletti, e quindi sono fiducioso. Stiamo migliorando tutti e quindi questo ci dà fiducia reciproca.” Ma che differenze ci sono di metodo tra Castrichella e Tenconi? Corrado ci risponde così: “Io mi trovo bene con entrambi, l’obiettivo è comune ed è quello di darmi una identità di gioco. Io sono un tennista che fa dell’aggressività il suo punto di forza, non devo perdere campo perché devo riuscire a sposarmi sul diritto, anche a sventaglio, per fare il vincente o costruirmi il punto. Con Thomas lavoravamo più forse sulle sensazioni e sul piano fisico, mentre con Gabrio ci stiamo focalizzando sulla tecnica, gli appoggi, i movimenti. Lavorare con due tecnici di questo livello ti dà tanto, e da ognuno prendi qualcosa.”
ANDREA VAVASSORI, 548 ATP
Salutiamo Corrado ed entriamo nel mondo di Andrea Vavassori, anche lui di base a Tirrenia, che conosciamo da più tempo avendolo seguito in diversi Challenger. Se Corrado è agli inizi nel circuito PRO, Andrea ha già 22 anni, è numero 548 ATP, insomma è un giocatore più maturo. E’ cresciuto con suo papà Davide a Pinerolo, ed ha iniziato a giocare a tennis nel campo di Tetti Neirotti, nel comune di Rivoli, costruito dal nonno. Ci abbracciamo con Andrea, è un ragazzo che ci piace molto, è serio, squisito nei modi, a Recanati quest’anno in coppia con Ocleppo abbiamo seguito i suoi successi, spinti fino alla finale. Papà Davide ed Andrea credono molto nella scelta di Tirrenia: ”Ho motivazioni molto forti, le sento dentro. Mi allenavo bene anche a casa con papà, ma qui ho a disposizione una struttura che come vedi è eccezionale, dormo qui, mangio qui, non spreco energie per andare in giro come mi capitava prima per trovare sparring all’altezza. E’ vero, l’ambiente è nuovo e mi sono dovuto ambientare, è chiaro, ma qui mi sono allenato benissimo, fisicamente abbiamo lavorato così tanto e bene che sono arrivato a fine stagione ancora con le pile cariche. E poi sono cresciuto parecchio sul piano personale, come ragazzo intendo, oltre che come tennista. Se vieni qui devi volerlo fortemente, questo è il segreto.” Ha le idee chiare Andrea. E prosegue: “Umberto Rianna ha insistito tanto per farmi fare parecchi tornei ed esperienze. Ed i risultati si sono visti! Il singolo è la mia priorità, ma attenzione che il doppio è qualcosa di molto importante per me. Ora sono 175 ATP nella classifica di doppio e giocarlo mi allena parecchio in tutti i fondamentali. Vedi, l’obiettivo di un tennista è quello di diventare un professionista con la racchetta in mano. E anche con il doppio puoi farlo, oltretutto la carriera ti si allunga. Poi ciò che è importante è non avere rimpianti, il mio reale target sarebbe questo, scoprire i miei limiti, aver fatto il meglio.”. E per provare a scoprire i propri limiti, e per raggiungere il massimo livello la cui conseguenza naturale è la classifica, Andrea si affida anche a dei Mental Coach in cui crede molto: Lorenzo Beltrame che collabora anche direttamente con la FIT, e Gianfranco Santiglia, da molto tempo ormai al suo fianco: “Per me l’aspetto mentale vuol dire molto, la capacità di riconoscere e poi gestire le proprie emozioni fa la differenza.” Ora è seguito da Gabrio Castrichella e ci tiene a raccontare il bel rapporto che si è creato con il tecnico: “Mi trovo benissimo con Gabrio, anche sul piano umano. E’ una splendida persona, che mi sta aiutando molto a trovare la mia identità. Ovvio che lo schema servizio-diritto per un giocatore dalle mie caratteristiche sia fondamentale, ma aver lavorato anche molto sul rovescio ed averlo migliorato mi dà molta fiducia. Ora faremo 8 settimane di preparazione, poi programmeremo la prossima stagione, incentrata comunque sulle superfici veloci che sono il mio forte.”
DANIELE SILVESTRE, Coach
Daniele Silvestre è un giovane Coach che ha legato il suo nome prima a Camila Giorgi, che ha trascinato alla grande nel tennis professionistico WTA, e poi a Federico Gaio che con il Coach pontino ha ottenuto il suo miglior risultato arrivando a ridosso della top 100. La FIT non se l’è lasciato sfuggire, trovando in lui la giusta dose di entusiasmo e preparazione. Avendolo conosciuto piuttosto bene durante la stagione, avendolo frequentato, possiamo garantire che ha le stimmate del grande condottiero di tennisti, super motivatore, molto scaltro nel preparare i match, anche e non solo a livello tattico. Ad esempio con Gaio aveva trovato la chiave giusta per entrare nella testa del ragazzo, mixando incoraggiamenti ed allenamenti mirati, oltre alla costruzione di un rapporto personale basato sull’ascolto dell’allievo e sull’empatia. Ora la Federazione gli ha affidato la crescita di Andrea Pellegrino, che ha seguito negli ultimi tornei, culminati con le due vittorie a Pula e i quarti al Challenger di Andria. Daniele ci tiene a sottolineare il grande lavoro fatto dai precedenti Coach di Andrea, in particolare Gabrio Castrichella con il quale il ragazzo pugliese di stanza a Tirrenia ha passato più di 2 anni molto intensi. Daniele Silvestre ha fatto una scelta chiara sposando la causa di Tirrenia: “Io sono un amante di Tirrenia, da quando seguivo la Giorgi ad oggi, ho avuto solo esperienze positive. Io vivo qui dentro, dormo qui dentro, mangio al ristorante del Centro, e questo anche a discapito della famiglia, pur di vivere queste sensazioni uniche di partecipare fattivamente ad un progetto così ambizioso. La mia è una scelta di vita. Il mio rapporto stabile con la struttura di Tirrenia è iniziato grazie a Giancarlo Palumbo, con il quale c’è stima reciproca. Oggi più di prima sta funzionando il concetto di staff: ognuno mette il suo e tutti ci sentiamo importanti. Il lavoro è sapientemente coordinato da Umberto Rianna con Filippo Volandri che si è inserito benissimo e la cui esperienza si fa sentire. In questo momento mi sto occupando di Andrea Pellegrino certo, ma siamo un gruppo di lavoro insieme a tuti gli altri tecnici in grado di supportarci e alternarci. Nell’ultimo periodo Andrea ha fatto passi da gigante sul servizio, e migliorato anche il diritto, adattandosi anche a superfici molto rapide come dimostrano i quarti di finale giocati ad Andria. L’obiettivo è farlo diventare più consapevole di sé e sicuro su tutte le superfici, visto che la completezza oggi è determinante. Nonostante i migliori risultati siano arrivati sulla terra Andrea ha già dimostrato di avere le caratteristiche per giocare dappertutto e come sappiamo in ottica ATP molti punti si giocano su cemento. Comunque non c’è fretta, la classifica è importante ma più importante è la crescita a 360 gradi. Lui ha già dimostrato di competere con giocatori fortissimi, ha giocato alla pari con Krajinovic per dirti. Andrea ha un fisico pazzesco, un ottimo tennis, e da lui mi aspetto che alzi il livello medio. Diventi un grande giocatore quando non perdi mai con quelli meno forti di te, per semplificare. Dalla prima settimana di febbraio probabilmente partiremo con i tornei, ma non abbiamo ancora deciso con certezza.” Con Daniele Silvestre è molto piacevole chiacchierare, da amante di tennis ci fa chiarezza su un punto: “Molti meriti dello sviluppo di Andrea vanno al suo papà Mimmo, che l’ha disciplinato al punto che il ragazzo è molto esigente ed è un professionista esemplare. Si impegna tantissimo. Certamente è pur sempre un ventenne, non possiamo pretendere che sia già maturo come quelli delle generazioni precedenti tipo Lorenzi. Andrea pretende tanto da sé stesso e da chi gli sta vicino, ed è molto stimolante questo anche per un coach. Tutto questo mi regala tante motivazioni, se non credessi in quel che faccio non avrei lasciato a Latina moglie e figli per girare il circuito tennistico. E ringrazio chi mi sta dando fiducia, affidandomi di fatto il miglior ventenne azzurro. Questa è al contempo una responsabilità e una opportunità.”
ANDREA PELLEGRINO
Andrea Pellegrino, numero 360 ATP a soli 20 anni, è un ragazzo in fortissima crescita con un fisico straordinario, una grande attitudine al lavoro ereditata da una famiglia di sportivi a partire dal papà Mimmo, persona meravigliosa, innamorata dello sport e molto equilibrata. E’ proprio papà Mimmo a raccontarci: ”Tirrenia è la realtà più consona per un ragazzo che voglia fare un percorso lineare nel tennis di alta performance. Ci sono mille aspetti positivi, dalle strutture di allenamento fino ai tecnici che lavorano quotidianamente con i ragazzi con una disponibilità assoluta, grande dedizione, e competenze importanti. Naturalmente non è una struttura privata, i ragazzi sanno che ci sono delle regole, le conoscono prima e devono adattarsi. Per altro non sono regole così stringenti. Se un papà sceglie Tirrenia per far crescere suo figlio, sia come atleta che come uomo, significa che nella struttura ci ha visto tutto il bene possibile. Anche perché io ho portato Andrea a Tirrenia a vivere dentro il Centro ormai più di 3 anni fa e quindi posso parlare a ragion veduta.” Mimmo è felice dei progressi del figliolo e ci illumina sui miglioramenti e sulle prospettive: da qualche mese si è deciso di far ruotare i Coach nel lavoro con i vari ragazzi, e ora Andrea è principalmente seguito da Daniele Silvestre, dopo 2 anni con Gabrio Castrichella:” Ringrazierò sempre Gabrio Castrichella grazie al quale Andrea è diventato un tennista vero ed è anche maturato come uomo. A Gabrio mi lega anche una amicizia profonda, lo considero uno di famiglia. In realtà Daniele al momento ha seguito Andrea ai tornei, con ottimi risultati. La gestione dell’allenamento nella quotidianità è affidata come responsabilità ad Umberto Rianna, ovviamente anche Daniele Silvestre sarà accanto ad Andrea nella preparazione che durerà 8/10 settimane ed è già iniziata. Svolgerà inizialmente più lavoro atletico, per poi concentrarsi sul discorso più tecnico o tattico. Si insisterà sul servizio, che è già migliorato parecchio, e sulla risposta. Anche sul diritto dobbiamo sistemare delle cosine. Per quanto riguarda l’atteggiamento tattico contiamo di renderlo più aggressivo. Andrea è motivato al punto giusto, ha recepito il concetto che io stesso gli ho sempre spiegato: se vuoi diventare un giocatore professionista e devi fare 2 mesi di preparazione, devi star lì ad impegnarti, avendo come focus principale il tennis. Andrea è un ragazzo come gli altri, gli piace divertirsi ma sa bene quanto importante sia il lavoro. Avere a disposizione tecnici validi e una struttura all’avanguardia, insieme alla possibilità di allenarti insieme ai migliori giocatori d’Italia, gli sta dando la grande chance di diventare un giocatore ATP e se la vuole giocare alla grande. Poi se un week end vuole tornare a casa, o prendersi un filo di libertà nessuno glielo impedisce, sempre ricordandosi di come si deve comportare un professionista. Dopo una giornata di allenamenti pesanti, se vai a letto alle 22,30 non è che faccia male (e sorride ndr).” La programmazione, ci dice Mimmo, è ancora da sviluppare: “Lo scorso anno siamo andati in Asia, in Cina Andrea ha trovato impianti e strutture spettacolari, si è trovato bene da molti punti di vista. Ci si deve abituare per qualche dettaglio, ad esempio la lingua, la comunicazione non sempre è efficace, però è stata una esperienza importante e se quest’anno dovessimo riprovarla Andrea partirebbe avvantaggiato perché già conosce le dinamiche del posto. La Cina è un altro mondo, le persone sono meno coinvolgenti pur essendo molto educate, le cure mediche sono differenti, c’è un diverso approccio alla vita e ai rapporti interpersonali. La differenza a volte nei tornei la fanno queste situazioni a cui i ragazzi devono sapersi abituare velocemente. Ed esser già stato in un posto a giocare può essere la chiave per vincere qualche partita in più e puntellare la classifica.” Sulla preparazione atletica di Tirrenia, a volte criticata da alcuni mass media, Mimmo ha le idee chiare: “Andrea si è sempre trovato bene. La chiave di lettura sta nella conoscenza del proprio corpo, Andrea si conosce bene e quindi non ha mai patito infortuni di nessun tipo nella preparazione né ha incontrato mai difficoltà. Poi guarda ti aggiungo una cosa: Umberto Rianna che gestisce il percorso formativo di Andrea è una persona formidabile con cui interfacciarsi. E’ un uomo di cultura, sa capire le situazioni, ha intelligenza emotiva, prende le sue decisioni confrontandosi anche con me, tenendomi informato sulle situazioni, quindi questo mi fa stare tranquillo perché c’è un bel clima.”
TOMAS TENCONI, Coach
Per la FIT è però importante, e molto, anche il vivaio, oltre ai giocatori come Summaria o Vavassori che sono già nel novero dei professionisti: e per curare i ragazzini, 2004, 2005, 2006, non c’era migliore scelta che affidare delle responsabilità a Tomas Tenconi, che si occupa degli U14 provenienti dalla Regione Toscana, sotto la supervisione di Michelangelo Dell’Edera che è il responsabile nazionale. Non conoscevamo personalmente Tomas Tenconi, avevamo assistito ad alcuni suoi incontri quando ancora giocava (ex numero 141 ATP), e non avevamo idea della sua grande energia. Una energia che sprizza da tutti i pori, che riempie il campo d’allenamento e di cui si nutrono anche i giovani tennisti che sono presenti e i loro accompagnatori. In questa giornata c’è un raduno di ragazzi che vengono da varie città e circoli della Toscana e Tomas sta imparando a conoscerli: “Ho questo ruolo soltanto da un mese, prendendo il posto di Giovanni Paolisso. Gli obiettivi sono chiari: monitorare la Regione, attraverso 10 raduni, cercando di conoscere tutti, davvero tutti, i ragazzi della Toscana. Molta importanza per me ha il rapporto coi Maestri, la cui voce è determinante. Per questo cerco fin da subito di aumentare il bacino di partecipazione. Ciò che davvero io voglio è far crescere il bagaglio di esperienze dei ragazzi, affinchè crescano a 360 gradi. Per fare questo ottimizzo il lavoro attraverso delle riprese con la telecamera ad ogni singolo ragazzo, in modo da avere un database completo e poter tener sotto controllo la loro crescita.”. E’ metodico Tomas, come lo era in campo da giocatore. E’ appassionato. Ha idee e vuole metterle in pratica. Gli chiediamo cosa lo spaventi di questa missione: ”Sono motivato, non spaventato. So che possiamo fare molte cose. Intanto voglio conoscere questa generazione, parlo del gruppo dai 2004 ai 2006, perché in questi ultimi 6 anni ho seguito Under18 e Professionisti, quindi ho avuto minor contatto con i più piccoli.” Entriamo nel dettaglio del tipo di lavoro da fare con i ragazzi. Tomas è un fiume in piena, ha mille idee, metodi di lavoro innovativi ed è cosciente del grosso lavoro da fare con i nostri giovani: “Tra Under 14 e Under 18 ci sono delle differenze enormi. E non parliamo solo di tecnica o atletica. E’ l’approccio che va cambiato. Bisogna lavorare sull’atteggiamento fin da piccoli. I nostri Junior arrivano al professionismo già maturi sul lato tecnico, e anche su quello atletico, ma sono più indietro su altri aspetti perché fino a qualche anno fa si pensava che certi meccanismi dovessero essere sviluppati solo più tardi. E poi dobbiamo fare sempre riferimento alla nostra cultura, che è differente per motivi storici a quella di altri Paesi.” In che senso? Proviamo a chiedergli degli esempi. Continua Tomas:”Dovendo sintetizzare molto, forse troppo, per rendere l’idea al lettore, i latini sono tendenzialmente più passionali dei nord europei o degli americani ad esempio, gli asiatici tendono di più all’organizzazione, così come i tedeschi. E’ quindi necessario conoscere la cultura del proprio Paese, o di quello in cui si lavora, per comprendere che l’essere umano è frutto di quella cultura. Gli argentini ad esempio nascono con una cultura del lavoro tipica di quella terra, conseguenza della storia della nazione argentina i cui abitanti si sono dovuti rimboccare le maniche per campare. Così come l’Italia del dopoguerra che non è certo identica all’Italia di oggi. Seppure esista in effetti una crisi economica anche qui adesso, i ragazzi con cui lavoriamo sono i figli di una classe sociale nata negli anni 70-80, in cui c’è stato uno sviluppo economico importante, il Paese è cambiato enormemente, i servizi sono migliorati, il benessere ha da una parte moltiplicato le possibilità dei ragazzi, dall’altro ha tarpato loro le ali sul piano delle forti motivazioni interiori naturali. Con questo non voglio assolutamente dire che i ragazzi italiani non si impegnino, ma che il loro impegno è incoraggiato dai continui miglioramenti oppure frutto di spinte esterne (genitori ad esempio), mentre non sono attrezzati per rispondere a difficoltà improvvise o inaspettate. L’italia nel corso dei secoli ha metabolizzato attraverso la cultura molti aspetti che io ritengo positivi: l’italiano sa riconoscere subito il “bello”, in ogni casa italiana si mangia molto bene e storicamente le mamme di casa sanno cucinare in modo molto variegato, c’è una attenzione innata all’arte, sono tutte “competenze” inserite dentro il dna culturale italiano ed in un certo senso vanno riscoperte. Ed è da questo punto di vista che io voglio aiutare ragazzi, genitori e Maestri a crescere, condividendo esperienze, ed in questa ottica i raduni vanno visti. Poi è ovvio che si collabora con i Maestri ed i ragazzi per sistemare un gesto tecnico, o sviluppare competenze sui fondamentali, ma è proprio l’atteggiamento che diventa l’acceleratore naturale dello sviluppo di tutte le Skills, tecniche, atletiche o tattiche.”. Restiamo rapiti dalle parole di Tomas, anche dal suo tono di voce appassionato, lo osserviamo preparare la telecamera, accogliere i ragazzi e i loro accompagnatori, presentare il progetto, fare la conoscenza dei piccoli tennisti. Tomas ci chiama un attimo e ci rivela un piccolo segreto, facendoci notare un dettaglio, che poi dettaglio non è: “Guarda, ora ho messo in campo dei ragazzi a palleggiare. Se ci hai fatto caso non ho dato indicazioni.”. In effetti ci sono 2 campi, su uno alcuni maschi palleggiano, su un altro le ragazze provano i servizi. Si alternano in maniera naturale, Tomas li osserva cercando di non pressarli. Il tecnico aggiunge:” Ciò che è importante e decisivo è osservare i ragazzi. Per prima cosa capire la loro natura, la loro indole. Cerchi di capire quello che è più indolente, quello più inquadrato, il timido, il dominante. Il Giudizio c’è, è inevitabile, in qualsiasi momento chiunque di noi giudica, l’importante è che sia un giudizio senza preconcetti e senza arroganza. Un giudizio libero. ciò che io voglio è sviluppare la libertà dei miei allievi. E’ libertà la parla chiave. Ovviamente inserita in un contesto positivo, con degli ovvi paletti. Guarda questo ragazzo (ci fa seguire alcuni movimenti nel palleggio di un giovane tennista ndr), noti qualcosa? E’ un po’ fermo, appare svogliato, il suo movimento dei piedi è troppo lento e questo va migliorato. E allora va trovata una soluzione che non è quello di dirgli: “ehi ragazzo con quei piedi non vai da nessuna parte.” E nemmeno suggerirgli razionalmente “Fai sempre lo split step ed attivati”. La soluzione è ad esempio dargli semplicemente un esercizio in cui alla fine del palleggio debba correre verso una scaletta d’allenamento e fare del foot working. Ciò lo abitua al movimento dei piedi, ma non lo hai “rinchiuso” nella definizione di “fermo con i piedi”. Il rischio è quello proprio di rinchiudere i ragazzi in definizioni dalle quali è difficile escano loro stessi per primi. Anche fare domande è determinante affinchè loro, i ragazzi, trovino soluzioni.” E negli altri Paesi cosa succede con i giovani? Così ci risponde Tomas Tenconi: “La scuola francese può essere presa d’esempio. Loro non hanno paura di essere se stessi. Sono estrosi e se ne vantano. Lo stesso dicasi per gli spagnoli, o per i germanici, seppure ovviamente con caratteristiche differenti, ognuna conseguenza della propria cultura. Noi tecnici dobbiamo aiutare i genitori a fare in modo che i ragazzi abbandonino le paure, e allo stesso tempo sostenerli nel mettere dei limiti. Credo molto in questo concetto: la libertà è responsabilità. Il ragazzo per crescere deve diventare autonomo, quindi libero, con limiti ben precisi che condivida sinceramente. Fondere libertà e limiti. Se ci pensiamo tutte le rivoluzioni, i cambiamenti positivi nella società sono nati attraverso le convinzioni dei giovani: le famiglie italiane (e non) hanno difficoltà in tal senso, nel trovare il giusto equilibrio. C’è tanto da fare: già adesso i ragazzi avranno anche una educazione alimentare, attraverso mia moglie che è anche nutrizionista, cosicchè anche i loro genitori possano avere un sostegno e delle linee guida.”. Altro tema fondamentale quello dell’alimentazione, bravo Tenconi e brava la FIT a gestirlo. E Summaria? “Summaria resterà sempre nel mio cuore, abbiamo collaborato per due anni; Corrado ha tanta qualità fisica, è molto intelligente, e deve riuscire a non disperdere le energie. Abbiamo lavorato molto sulla stabilità tecnica, incrementando la sua identità di gioco. Sono convinto che abbia ancora enormi margini di miglioramento e se continua ad impegnarsi arriverà in alto.” L’incontro con Tenconi è stato entusiasmante, è un tecnico moderno, che “insegna” a 360 gradi, lavorando su tutti gli aspetti dei ragazzi sulla linea guida che “prima si è persone, poi atleti.”. Uno dei requisiti fondamentali di un coach è l’empatia, dote che non manca di certo al tecnico 37enne nato a Buenos Aires, che in passato ha anche allenato Lorenzo Giustino.
Ma chi sono questi ragazzi invitati al raduno? Perché giocano? Con quali prospettive? In quali circoli e con quali strumenti a disposizione? Ci rispondono i vari Maestri ed accompagnatori che abbiamo incontrato nel week end a Tirrenia.
Dal TC Pisa è arrivato Alessandro Dini, il Fiduciaro regionale per la provincia di Pisa (CPA nel week end), che nel suo circolo ha costruito un sano gruppo, al di là degli ottimi risultati nell’accompagnamento di Lorenzo Musetti (uno dei quindicenni più in vista in Italia) durante la crescita e ci illumina su alcuni punti: ”la difficoltà maggiore sta nello scegliere i ragazzi da invitare nei raduni, fermo restando che cerchiamo di presentare al Centro il maggior numero di elementi. Ma bisogna dare risalto ai risultati da una parte e dall’altra capire chi esprime un miglior livello di gioco che magari pagherà in futuro. La sfida è questa. In questo senso noi cerchiamo di indicare la strada ai giovani e ai loro genitori, rendendo chiaro il concetto che non sono i risultati immediati a definire il valore di un tennista di 13 anni. Seguiamo il protocollo di Dell’Edera e abbiamo fiducia nel futuro.” Il Prof. Roberto Prosperi è il preparatore fisico di riferimento, ha iniziato con i raduni provinciali, poi quelli regionali e i CPA, e ci lancia un grido d’allarme: “Ai bimbi mancano esperienze motorie, arrivano alle scuole tennis con delle lacune. Sono molto diversi i ragazzini di questa generazione rispetto a quelli del passato. Sono mediamente più alti e forti, ma mancano di equilibrio e coordinazione, proprio perché stanno all’aria aperta troppo poco tempo nel periodo della prima formazione. Noi partiamo da schemi motori di base e stiamo molto attenti ai carichi di lavoro, per l’obiettivo della prevenzione.”
Dal circolo tennis Pontedera arriva l’istruttore di secondo grado Sandro Deri, che accompagna William Paolini, U14, fratellino della più famosa Jasmine, numero 142 WTA:Ci tengo a dire che William è seguito dal Maestro Leonardo Azzaro, con il quale collaboro nella crescita dei ragazzi. Il nostro obiettivo non è certo fare risultato adesso, ma solo lasciar crescere gli allievi nella maniera migliore: tanto è vero che William che è bravino si allena “solo” 3 o 4 volte a settimana per un’ora e mezza, poi qualche volta il sabato rispetto ad alcuni coetanei che si allenano tutti i giorni con carichi importanti. Ma cosa importa vincere adesso? Per cui noi lavoriamo in prospettiva futura: molta tecnica per migliorarlo, ad esempio una apertura di diritto troppo ampia da ridurre o un lancio di pala troppo avanzato nel servizio, senza mettergli pressioni di alcuna natura.”
Il Maestro Valerio Discalzi del Tennis Porto Livorno è sulla stessa lunghezza d’onda e qui accompagna Lisa Morfimi, una ragazza del 2004, che si sta segnalando a livello regionale: “E’ già una 3.3 ma non è questo il punto. E’ il livello che dobbiamo migliorare, ed è la tecnica da raffinare. Lavoriamo a tempo pieno da 5 mesi, 6 volte a settimana. Abbiamo diminuito l’ampiezza della preparazione di diritto, lavorato sulla corretta impugnatura di rovescio, e anche sullo sviluppo atletico. Il reale obiettivo è la costruzione di una buona tennista, dandole mezzi tecnici per competere al meglio quando avrà lo sviluppo completo.”
Facciamo un giro negli altri campi ed incrociamo una vecchia conoscenza del tennis italiano, Massimo Dell’Acqua, ex numero 148 del mondo, ora ad Arezzo, allo Junior tennis, apprezzatissimo Coach che sta mettendo al servizio dei suoi atleti la grossa esperienza, sia sportiva che umana, maturata sui campi da tennis di mezzo mondo. Gli chiediamo innanzitutto se ha rimpianti per una carriera che avrebbe potuto essere di livello ancora superiore, forse:” Tanti rimpianti non ne ho, un po’ ho quello di non essere stato capace di divertirmi quanto avrei dovuto. Purtroppo però ho vissuto male alcuni periodi, dall’età di 15 anni, quando ho avvertito troppo la pressione. Questa esperienza personale la voglio mettere a frutto per capire i problemi dei ragazzi. Su di me pendeva sempre la spada di Damocle del giudizio, dopo la Lambertenghi le aspettative erano parecchie e papà era un po’ pressante, o almeno io lo vivevo così. Vedi, la famiglia di origine di un giovane atleta è la base sulla quale il Coach deve poter costruire. E’ lì che sono piantate le radici e se questo provoca dei disequilibri nella personalità sono problemi. Da una parte il mio passato mi aiuta a comprendere, dall’altra devo stare attento a non invadere l’intimità della famiglia del mio atleta, insomma a prendere le distanze corrette per poter osservare ed agire senza essere coinvolto emotivamente in prima persona. Ora ad Arezzo, allo Junior Tennis, sto molto bene, siamo Top School (il riconoscimento maggiore per una scuola tennis con 5 stelle che la collocano al punto più alto come modello di istruzione tennistica ndr), la struttura è stata completamente rinnovata con 7 campi da tennis tutti coperti, con me collaborano persone molto in gamba, ed io credo molto nel concetto di staff. Il tennista di adesso ha bisogno di varie competenze, e può prendere il meglio da vari allenatori: c’è Nicola Valenti come Coach dell’agonistica, Lorenzo Salvini, Massimo Moschino e Marco del Mecio alla SAT; i preparatori atletici sono Lucia Sinatti e Andrea Mattesini. Uno staff strepitoso. Di ragazzi validi ne abbiamo diversi, Edoardo Chiericoni ad esempio sta crescendo tantissimo, è un Under16 campione regionale. Veronica Mascolo che è una 2002, Sara Donnini e Ginevra Gottardi stanno facendo un percorso importante e significativo. Come ti dicevo prima l’importante è che crescano principalmente come individui, poi come tennisti. I giovani vanno valorizzati e responsabilizzati dando loro fiducia. Noi lo facciamo fattivamente attraverso borse di studio: ora ad esempio abbiamo un ragazzo di Napoli, ma comunque abbiamo anche molte agevolazioni per allenamenti ed alloggi, magari anche per seconde categorie che hanno voglia di crescere.Rispetto ai miei tempi, e non mi riferisco in particolare a nessuno ma parlo in generale, c’è più pigrizia tra i giovani, il mondo giovanile è un po’ cambiato. Lo sappiamo bene noi che lavoriamo con i ragazzi, e sta a noi Maestri trovare delle soluzioni ed aiutare anche le famiglie a fare le scelte corrette per i loro figli: attenzione però, dobbiamo rendere in grado i ragazzi poi di trovare soluzioni ai problemi in maniera autonoma, non dargli soluzioni precostituite, altrimenti non c’è crescita.”. Questo è il punto focale dello sviluppo dello sport italiano, secondo noi, bravo anche Dell’Acqua a centrarlo. Prosegue Massimo:“ Con la Federazione collaboro con entusiasmo, sono il Fiduciario per la Prov. Di Arezzo e i raduni sono fondamentali anche per confrontarsi con gli altri Maestri e con le varie figure che orbitano attorno. La sinergia è tutto. Sono spesso i dettagli a fare la differenza ad esempio tra i giocatori più forti in ogni categoria e il più piccolo granello di conoscenza deve essere sfruttato. Questo è un punto a favore di un Centro Tecnico come Tirrenia.” Massimo Dell’Acqua è un Coach ancora giovane, ha energie, entusiasmo, non ci stupiremmo di scoprirlo presto al seguito di un grande giocatore o, meglio ancora, di una grande giocatrice, magari cresciuta nella sua Accademia aretina. La sua esperienza diretta può fare la differenza.
Mentre stiamo preparando la partenza qualcuno ci indica un paio di persone che stanno seguendo l’allenamento di un ragazzo molto in gamba, sono Monica Corsoni e Matteo Catarsi, rispettivamente mamma ed ex allenatore di Matteo e Martina Trevisan. Ciò che vogliamo sapere è la loro opinione su Tirrenia. Mamma Monica, Maestra di tennis e ancora in forma strepitosa, ci dice la sua: ”La struttura di Tirrenia è ottima, cosa vuoi di più? E’ anche comoda, in particolare per noi che siamo vicini. C’è tutto quello che serve ad un professionista, palestre, campi, e via discorrendo. Matteo è stato qua per diverso tempo, è stato numero 1 del mondo Under 18, con lui c’erano i vari Giannessi, Della Tommasina, Abbondanzieri. Ora c’è Martina che è risalita bene in classifica e che ha ripreso a giocare con entusiasmo da un paio d’anni dopo un periodo molto buio. Se la fortuna ci dà una mano evitando infortuni siamo ottimisti sul fatto che possa crescere ancora molto, ed in questo Tathiana Garbin qui a Tirrenia è una garanzia. Ora è numero 204 (best ranking 144 pochi mesi fa) e se è risalita c’è anche merito della Federazione che la segue, sebbene sia sempre il ragazzo il protagonista, nel bene e nel male. Certamente con Tathiana può fare il salto di qualità, quello che serve per poter vivere di tennis: Martina ha 24 anni ed è ancora giovanissima.”. Matteo Catarsi e Monica Corsoni allenano a Ponsacco, in una realtà piccola ma ben strutturata. Ci dice Matteo Catarsi:” lavoriamo per far crescere i nostri ragazzi in un ambiente sportivo, stimolante e positivo. E questi raduni sono molto importanti, ci permettono di monitorare il livello dei nostri allievi non solo sul piano tecnico o tattico, per quello ci sono i tornei, quanto sulle differenze di approccio al lavoro, alla vita con gli altri ragazzi delle scuole, insomma sono momenti di crescita non solo tennistica. Qui ad esempio stiamo con Matteo Foschi, che seguiamo da un anno e mezzo, un Under 14 i cui problemi vanno affrontati con attenzione: è nell’età tipica di una crescita repentina in altezza, quindi c’è da lavorare sugli spostamenti, sulla distanza dalla palla e via discorrendo. Fortunatamente mi sembra che gli stiamo trasmettendo tanta passione e lui è un ragazzo che recepisce, ci si lavora bene.”


NEGLI ALTRI PAESI
Ma come funzionano i centri Federali negli altri Paesi?
In Francia il Centro federale Centrale è il Roland Garros, con molti centri periferici. La scuola francese è presa spesso ad esempio. Ci sono Tecnici Federali che selezionano le 2 o 3 migliori giocatrici o giocatori della regione e le/li convocano ai centri periferici, pagando loro le spese. Parliamo di Under ovviamente. I migliori dei centri periferici, in un numero variabile a seconda degli anni e del budget, finiscono al centro Federale del Roland Garros. Per tutti gli altri (per quelli che almeno vengono reputati interessanti, ma di seconda fascia) ci sono aiuti in senso economico: tornei o servizi pagati, che mediamente non superano il 20% delle spese che una famiglia deve sostenere per il tennis del proprio ragazzo. In fondo non è molto dissimile dal sistema italico. In Inghilterra da qualche anno è stato fatto un investimento impressionante a Roehampton, nei pressi di Wimbledon, con la costruzione di un centro avveniristico, che al momento non ha portato i frutti sperati. Più o meno funziona allo stesso modo: i migliori o considerati tali vengono portati all’età di 14-16 anni nel centro federale e lì crescono. La Spagna ha il centro di Alto Rendimento di Barcellona, ed anche laggiù vengono selezionati i migliori, esattamente come nelle altre parti del mondo. Caso a sé fa l’USTA, che con il suo Mega Centro Federale a Boca Raton, promuove il tennis giovanile americano, sempre pieno di tanti talenti, però senza un vero top player al momento. Gli USA hanno la grande risorsa di College ed Università, che però diventano anche un limite a volte, perché portano i ragazzi ad entrare nel circuito PRO a 22 o 23 anni, dopo una laurea. E’ una mentalità diversa ovviamente, un modo di vedere la vita tennistica insieme alla crescita culturale e accademica. In soldoni andare nei College o nelle Università americane significa costruirsi il piano B se dovesse andare male col tennis. Può essere una soluzione. La Svizzera è la nazione che con Federer, Wawrinka, Hingis, Bencic, sembra sfornare fenomeni di continuo, ma la sua struttura federale è quella di una piccola nazione, con investimenti limitati e badate bene: tutti i nuovi svizzeri hanno almeno un genitore che proviene da altri stati. Il Centro Federale è a Bienne, la decima città della svizzera, e se c’è qualche giovane in rampa di lancio si prova ad aiutarlo a distanza. Eppure, ci diceva Mezzadri, ex Capitano di Coppa Davis “è raro vedere ragazzi svizzeri che vogliano fare sacrifici per il tennis e trasferirsi dalla loro città per allenarsi al meglio.” Termino con la Svezia, che da anni ormai, dopo l’addio di Soderling, non produce più giocatori (ora il più forte è Ymer, con origini etiopi però): negli anni 80 e 90 il Centro federale di Baastad faceva allenare insieme tutti i più forti giocatori: il mercato dell’abbigliamento tennistico era in forte espansione e le aziende facevano a gara a sponsorizzare i giocatori. Pian piano l’attenzione sul tennis è scemata, tanto che adesso lo sport più seguito in Svezia è il golf, e nonostante Baastad esista ancora è il materiale umano a disposizione che è venuto a mancare: la forte immigrazione ha condizionato la società svedese (ed è quello che sta succedendo anche qui da noi ndr) in due misure: la prima è che a tennis giocano pochi svedesi, perché costa molto anche lì, e i figli degli immigrati non hanno tantissime disponibilità e si dirigono verso il calcio. La seconda è che quei pochi agonisti non sono gli atleti migliori, e i dirigenti svedesi se ne devono fare una ragione anche se l’opinione pubblica li incalza.
CONCLUSIONE
Tirrenia nel corso degli anni è cambiata: c’erano solo campi scoperti in terra rossa ed ora ci sono 11 campi in tutte le superfici, di cui 8 coperti, sono cambiati molti uomini, gli errori del passato hanno aiutato Palumbo e company ad aggiustare il tiro su situazioni di varia natura, eppure rimane ancora il luogo fisico dove si radunano le speranze italiche del tennis. E la speranza è concreta di vedere presto dei frutti ancora più succosi di quelli visti finora: i vari Berrettini, Sonego, Eremin, Vavassori, tanto per citarne qualcuno, sono stati aiutati dalla FIT a vario titolo, o lo sono tuttora, oltre ai più grandi Gaio e Giannessi e ai giovanissimi come Fonio ad esempio e ci faranno presto divertire ancora di più. Diamo tempo ai ragazzi e ai loro Coach di lavorare, eliminiamo la parola “giudizio” e godiamoci la crescita dei nostri azzurri.
Esistono voci fuori dal coro, questo bisogna dirlo, che criticano il sistema Tirrenia regalando vari spunti di riflessione: il primo dubbio di molti, compreso qualcuno all’interno della FIT stessa, è sulla location. Tirrenia starebbe troppo lontana dalle grandi città. A questo il nostro parere è che sia un bene, e non è una provocazione la nostra: le grandi città hanno un costo altissimo, e un Centro come Tirrenia andrebbe costruito ex novo oppure ristrutturato (vedi Acqua Acetosa a Roma), oppure affittato prestando così il fianco a quelli che criticano già a priori le scelte economiche Federali. Questo non vuol dire per altro, come ha già avuto modo di dire Palumbo, che altri Centri non vengano sviluppati. C’è già un progetto in tal senso. Un’altra critica viene fatta sulla vita troppo “dura” o “da frati” che gli atleti svolgerebbero a Tirrenia: la vita del tennista è dura per natura intrinseca. E’ dura la vita di ogni essere umano che nella propria attività abbia voglia di eccellere; ma è dura solo nel senso di “disciplinata” o “regolata”. Posso assicurare che i Coach, o gli stessi Rianna e Palumbo, sono assai elastici, sono stati ragazzi anche loro, e sanno bene che la performance passa attraverso il benessere anche esistenziale dell’atleta, quindi figuriamoci se vengono negati permessi per andare a casa qualche giorno, o andarsi a mangiare una pizza, o vedersi con la fidanzata. Queste situazioni, assai semplici per altro, vanno spiegate per non cadere in fraintendimenti, visto che la maggior parte dei lettori non ha accesso diretto ai Centri Federali e commenta per sentito dire. La disciplina che viene richiesta ai ragazzi null’altro è che la base di rispetto, di sé stessi e di chi collabora alla loro crescita, tutto qui. C’è chi ha anche obiettato qualcosa sul lavoro atletico degli atleti che non sarebbe stato sufficientemente personalizzato: può darsi che questo sia successo anche nel recente passato ma sono proprio i tecnici di Tirrenia i primi a capire come riparare laddove ci possa essere stata una imprecisione. Del resto la teoria dell’allenamento è in continua evoluzione, così come cambiano di continuo le caratteristiche fisiche e psicologiche delle generazioni che si susseguono: la generazione di Pellegrino, tanto per dire, è diversa da quella di Giannessi, e le situazioni vanno affrontate nel rapporto di uno ad uno. Trovare la chiave per ogni ragazzo è l’obiettivo, ma è follia pensare di poter riuscire con tutti, ci vuole anche buon senso. Senz’altro Tirrenia come Centro Tecnico Federale è all’avanguardia nel mondo, è innovativa, e ovviamente non è volontà della FIT quella di fermarsi qui, anzi la spinta verso il miglioramento è continua.
Alessandro Zijno